LUISA GRION
Repubblica22/11/14
Uscire dalla crisi creando una «moneta
complementare» all’euro. Una moneta «fiscale» che cittadini e
aziende riceveranno gratuitamente e con la quale — dopo due anni —
potranno pagare tasse, multe, ticket sanitari, importi di vario
genere da versare a beneficio dello Stato. O che potranno scontare in
banca trasformandola in euro da spendere subito. E’ un’idea, di
più: un manifesto su Micromega ( «Oltre l’euro, dentro l’euro»),
un appello che un gruppo di economisti (Biagio Bossone, Marco
Catteneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Stefano Sylos Labini) sta
lanciando a tutte le forze politiche e sociali con l’obiettivo di
trovare una via d’uscita dalla palude economica. Il progetto (di
cui si parlerà questo pomeriggio al convegno «La sinistra e la
trappola dell’euro » all’hotel Universo, via Principe Amedeo a
Roma) parte da un presupposto: per sopravvivere va recuperata un po’
di sovranità monetaria. Senza aspettare che i falchi europei
prolunghino l’agonia dell’economia italiana, ma anche senza
uscire dall’euro e subire le conseguenze che una scelta del genere
implicherebbe. La via di mezzo c’è, assicurano i promotori del
manifesto, è si chiama Ccf: certificati di credito fiscale. La
proposta è questa: rilanciare la domanda attraverso un’emissione
gratuita (da 100 miliardi) da parte dello Stato di Ccf ad uso
differito. Tali certificati sarebbero distribuiti sia ai lavoratori,
pensionati e disoccufinanziario pati (in base al reddito), sia alle
aziende (premiando quelle che fanno ricerca, che assumono o
s’impegnano in opere pubbliche urgenti). Lo Stato s’impegnerà
non a rimborsarli, ma — a partire dai due anni successivi alla
emissione — ad accettarli in pagamento di qualsiasi impegno nei
confronti della pubblica amministrazione. Chi vorrà potrà scontarli
in banca e — con un piccola riduzione di valore calcolata su tassi
analoghi a quello dei Bot a due anni — tramutarli in euro sonanti.
«E’ in quei due anni di utilizzo fiscale differito che il Paese
potrà giocarsi la scommessa» spiega l’economista Stefano Sylos
Labini. «L’immissione di questi certificati sul mercato, grazie
all’effetto moltiplicatore del reddito, farà sì che il calo di
entrate pubbliche legato allo sconto fiscale sarà, a due anni dalla
loro distribuzione, più che compensato dall’aumento dei ricavi
fiscali prodotti dal recupero del Pil». Sembrerebbe l’uovo di
Colombo: in realtà il progetto si basa su un esperimento già
effettuato con successo nella Germania degli anni Trenta e su
accurati studi economici che calcolano la rilevanza dell’effetto
moltiplicatore. «Non è una provocazione, è un’alternativa
praticabile» dicono i promotori dei Ccf. Resta da capire come potrà
reagire la Bce ad una proposta del genere: «L’adozione dei
certificati rappresenterebbe un messaggio politico forte — ammette
Sylos Labini — ma la Banca centrale non avrebbe rilievi tecnici cui
appellarsi. Il Ccf è una “quasi moneta”: lo Stato non
stamperebbe euro, ma eserciterebbe la sua sovranità in campo
fiscale. Né si potrà eccepire un aumento del debito: non ci sarà
raccolta di soldi. Se l’Italia emetterà Ccf non chiederà nulla né
alla Ue, né alla Bce. Punterà su se stessa».
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