Corriere della Sera 01/11/14
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L’operazione Mare Nostrum è alla
fine. Si chiude una pagina generosa della nostra Marina e di tutto il
Paese. L’operazione nacque dopo il terribile naufragio del 3
ottobre 2013 che provocò la morte di 366 persone davanti a
Lampedusa. In poco più di una settimana, in quelle acque, ne
morirono più di 560. Erano in larga parte siriani ed eritrei. In
questi mesi Mare Nostrum ha salvato più di 100 mila persone di cui 9
mila minori non accompagnati. Sono stati pure arrestati 728 scafisti.
Mare Nostrum ha messo in rilievo quella qualità umana delle nostre
forze armate, mostratasi in varie missioni di pace. Ha scritto una
storia di cui possiamo andare fieri e che spero sia in qualche modo
continuata. L’Italia s’è presa la responsabilità di salvare
vite umane, anche arrivando sotto le coste libiche. Non si poteva
accettare quella che papa Francesco definì, durante la sua visita a
Lampedusa dell’8 luglio 2013, la «globalizzazione
dell’indifferenza».
Ora la storia di Mare Nostrum è finita.
Non è che, attraverso i passaggi del Mediterraneo, venissero minacce
terroristiche, che seguono ben altre strade. La realtà è che
l’Italia non può sostenere i costi dell’operazione. Per l’Unione
europea è tendenzialmente un affare italiano e s’insinua che la
disponibilità italiana avrebbe fatto aumentare i flussi dei
migranti: «più la Marina ne salva, più sono quelli che si gettano
in mare».
Con la fine di Mare Nostrum, gli arrivi non saranno
così numerosi: perché molti moriranno in mare. Questo deve essere
molto chiaro. Come si può attribuire ai salvataggi della Marina
l’incentivo dei viaggi clandestini? I rifugiati vengono da paesi in
fiamme: ci sono i conflitti in Iraq e Siria, la crisi endemica in
Somalia, il dramma eritreo, l’anarchia in Libia e le crisi africane
— come nella Nigeria di Boko Haram. Non bastano a spiegare
l’aumento dei flussi? Da gennaio 2014, sono arrivati in Italia
32.681 siriani e 32.537 eritrei. Nei loro Paesi i problemi esistono,
tanto che il Libano (con i suoi quattro milioni di abitanti) ospita
più di un milione di profughi siriani.
L’aumento dei
rifugiati sulle nostre coste è un tassello del drammatico processo
determinato dal conflitto siriano e iracheno e da infuocate
situazioni del Sud del mondo. Attribuire la responsabilità
dell’aumento a Mare Nostrum è una comoda scusa, circolante in
ambienti dell’Unione, che copre un’abissale irresponsabilità dei
Paesi europei.
Da parte italiana, finora, non abbiamo condiviso
tale irresponsabilità. È una situazione nuova e drammatica: dalla
Seconda Guerra mondiale non si vedeva un così alto numero di
rifugiati. E l’Italia è un Paese su una delicatissima frontiera.
Del resto, l’azione d’emergenza e salvataggio nei confronti dei
profughi andrebbe accompagnata da una politica in loco , tendente a
risolvere le cause dei conflitti o a scoraggiare la follia dei viaggi
di tanti africani (che portano spesso ad amare delusioni nel
«paradiso» europeo), attraverso la creazione di posti di lavoro e
la cooperazione. A Stoccolma esiste una trasmissione radio, seguita
dagli eritrei, che spiega i pericoli del viaggio. Poi bisogna far
politica nel Sud del mondo. L’evoluzione politica e la stabilità
di alcuni Paesi, anche lontani, ci interessa non fosse che per il
numero degli arrivi sulle nostre coste (come l’Eritrea, o il Mali
con quasi 9 mila sbarchi dall’inizio dell’anno). Qui la necessità
di un disegno politico al di là del Mediterraneo.
L’operazione
Triton dell’agenzia Frontex è un’altra cosa: farà monitoraggio
e controllo delle frontiere meridionali dell’Unione al massimo
entro 30 miglia dalle coste italiane con imbarcazioni finalizzate a
questa missione, ma non per il salvataggio di vite umane. Mare
Nostrum ha avuto un’altra funzione e non si deve interrompere. Il
prezzo dell’interruzione sarà quello di tante morti in mare.
Meravigliano i silenzi — anche di cattolici — su questo. Non si
fermano i flussi di quelli che fuggono la guerra. Aiutare i disperati
in mare è il nostro contributo a chi soffre le guerre. D’altra
parte lo spostamento di popolazione dal Sud va incanalato e gestito,
ma è qualcosa d’ineluttabile. Chi è intellettualmente onesto lo
sa. Poi si può gridare il contrario, ma non è la verità. Del
resto, per quanto riguarda le richieste d’asilo in Europa, nel
corso del 2013 ne sono state presentate 435 mila con un aumento di
100 mila rispetto all’anno precedente. Non un’invasione, ma un
fenomeno gestibile nei 28 Paesi. Non si può, in piena coscienza,
dire come gli svizzeri durante la seconda guerra mondiale: «la barca
è piena». Anzi, senza Mare Nostrum, dovremo presto dire: «quante
barche sono affondate!». E sapevamo che sarebbe successo.
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