La Stampa 29/11/2014
massimo gramellini
L’immagine rilanciata dai titoloni
dei media sembra l’inizio urticante di un film dove nessuno si
salverà. Eccola: in un punto della sterminata periferia romana
appaiono cinquecento ragazzi che inalberano cartelli dai caratteri
fascisti inneggianti all’italianità offesa e cercano di impedire
ai bambini del vicino campo rom di andare a scuola. Nella totale
assenza di qualsiasi rappresentante dello Stato, per esempio la
polizia.
Poi fioccano le ricostruzioni. I
manifestanti di Casa Pound sostengono di essersi limitati a
picchettare due istituti superiori, bersaglio nei giorni scorsi di un
lancio di pietre da parte dei rom. Le cooperative di sinistra che
lavorano con i nomadi negano il lancio di pietre e ribadiscono la
versione emotivamente più dura: il picchetto fascista ha impedito ai
bambini rom che frequentano le elementari di uscire dal campo per
raggiungere le loro classi. Mi auguro con tutto il cuore che abbiano
torto, perché picchettare una scuola è la cosa più feroce e
stupida che si possa fare. La scuola è l’unica timida speranza che
abbiamo di porre fine a queste guerre tra poveri che non si parlano,
non si capiscono e perciò si odiano. Altro che impedire ai piccoli
rom di frequentarla. Bisognerebbe trascinarvi anche quelli, purtroppo
ancora moltissimi, che vengono indotti a sfuggirla per andare a
mendicare. Quanto ai fascisti di Casa Pound, non riesco a credere -
ma nemmeno a dimenticare - che Grillo e Salvini li abbiano
legittimati come interlocutori democratici, in questa Repubblica che
ha ripudiato i propri genitori e vaga sbandata e vergognosa in cerca
di identità.
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