domenica 9 novembre 2014

“Berlusconi aveva detto sì poi ha chiesto tempo ma ora si deve correre Il Colle? Non è nel patto”

GOFFREDO DE MARCHIS
La Repubblica 9/11/14

 Maria Elena Boschi Il ministro delle Riforme lancia un ultimatum all’ex premier: “Non possiamo aspettare all’infinito i contrasti dentro Forza Italia questa settimana l’Italicum comincia il suo cammino al Senato”

«Il governo ha più rispetto per le esigenze del Paese che per quelle di un partito, anche di un partito importante come Forza Italia. Per questo dobbiamo andare avanti». Il ministro delle Riforme e dei rapporti col Parlamento Maria Elena Boschi pressa Berlusconi sulla legge elettorale: «Non possiamo aspettare all’infinito i contrasti di Forza Italia. Questa settimana l’Italicum comincia il suo iter in commissione al Senato...».
È un ultimatum?
«No. È una constatazione: esiste una scadenza ed è qui, davanti a noi. Abbiamo temporeggiato due mesi su richiesta di Forza Italia. Adesso non possiamo più aspettare».
Qualche forzista sostiene che sono cambiate le carte in tavola. Non è una buona scusa per chiedere una riflessione?
«No. Tutte le modifiche sono state discusse da Renzi con Berlusconi e con la maggioranza. Un percorso concordato passo passo. Abbiamo approvato l’Italicum a Montecitorio a marzo, una buona legge che supera una impasse di otto anni. Persino sulla scelta degli eletti visto che si fa giustizia del Porcellum superando la lenzuolata delle vecchie liste bloccate con liste corte e pochi nomi sulla scheda. anni. È una buona base di partenza».
Allora perché cambiare?
«Nel frattempo il Pd, a maggio, ha preso il 41 per cento. La soglia del 37 per cento per il premio di maggioranza al primo turno, che all’inizio sembrava così alta, adesso lo è un po’ meno ed è giusto portarla al 40 per cento».
Altruismo?
«No: serietà. Si scrivono regole per il Paese e per le prossime generazioni, non per se stessi. Il ballottaggio, una battaglia storica della sinistra, per noi rimane una scelta di principio e dà ai vincitori una completa legittimità a governare. In più abbiamo continuato ad ascoltare i nostri interlocutori e gli addetti ai lavori recependo alcune perplessità dopo il passaggio alla Camera».
Berlusconi era d’accordo sulle modifiche?
«A settembre Berlusconi ha detto a Renzi che si poteva trovare un’intesa sull’innalzamento della soglia al 40 per cento, rimanendo con un premio di maggioranza al 15 per cento e sulla selezione degli eletti tenendo conto da una parte dell’esigenza dei partiti di scegliere persone che hanno specifiche competenze ma senza un grande bacino elettorale e dall’altra di un più grande potere di scelta degli elettori. C’era poi il via libera sostanziale al premio per la lista e non più per la coalizione. La verità è che sono sorti dissidi interni a Forza Italia, il tempo è passato e questi dissidi non sono stati superati».
Potete aspettarli se davvero volete arrivare al 2018.
«Non è in gioco un nostro puntiglio, ma la credibilità della politica. Tutti siamo chiamati a cercare un compromesso alto e nobile: la legge elettorale richiede che ciascuno molli qualcosa cui tiene purché il sistema stia in equilibrio. Noi per esempio pensiamo che vada ridotta l’incidenza dei nominati dai partiti: lo si può fare portando i collegi da 120 a 100 così si riduce il numero dei capolista bloccati eletti. Rimane poi il nostro impegno sulla parità di genere, capolista divisi 50 e 50 tra uomo e donna e doppia preferenza. Con Forza Italia resta un vero e unico punto aperto: la soglia di sbarramento per i partiti più piccoli. Loro la vogliono all’8 per cento, gli interessati invece puntano al 3. Dobbiamo trovare un punto di caduta».
Così, una volta approvata la legge, Renzi manda l’Italia al voto anticipato e capitalizza il consenso di cui gode in questo momento.
«Lo abbiamo detto in tutti i modi e lo ribadisco: vogliamo arrivare al 2018. Ci sono le condizioni per farlo e non abbiamo retropensieri. Se chiudiamo l’accordo sulle correzioni, la legge può essere approvata in commissione a Palazzo Madama prima di Natale e la portiamo in aula a gennaio. Poi, deve tornare alla Camera e in primavera è possibile il voto definitivo. È il calendario che abbiamo sempre immaginato per rispettare l’impegno preso con i cittadini ».
È vero che volete eliminare la clausola per cui l’Italicum è valido solo per la Camera in modo da avere uno strumento subito funzionante? Questo alimenta il sospetto di una corsa alle urne.
«Falso. È una scelta precisa, quella di prevedere l’Italicum solo per la Camera dei deputati. Siamo convinti che si possa concludere anche la riforma del Senato e andare al voto nel 2018».
Esclude quella clausola?
«La escludo».
Il canale con Grillo sulla legge elettorale è veramente percorribile o serve solo a fare pressing su Forza Italia?
«In questo momento non c’è un confronto governo-5 stelle. C’è stato invece un confronto Pd-5 stelle e tutti lo hanno potuto vedere in streaming. Loro hanno aperto all’ipotesi del premio alla lista e hanno riconosciuto la necessità di un premio di maggioranza. In Parlamento siedono anche i grillini. Se queste modifiche li convincono le voteranno anche loro. Ma le scelte del M5s sono sempre difficilmente prevedibili. Certo dopo quello che hanno proposto e viste le modifiche che stiamo facendo, faranno più fatica a dire di no».
Con la Lega è possibile un dialogo?
«Noi abbiamo cercato un colloquio con tutti. Detto questo, abbiamo una nostra proposta. Se se ne mette in campo una diametralmente opposta, non possiamo fermarci e ricominciare».
L’ipotesi che il presidente Giorgio Napolitano possa lasciare il Quirinale entro l’anno, significa che i partiti devono sbrigarsi a votare la riforma elettorale?
«Che Napolitano non avrebbe concluso il settennato lo sapevamo. Ma voglio lavorare senza pensare al dopo. Non deve partire né il conto alla rovescia né il toto nomi. Sarebbe offensivo e poco utile al dibattito pubblico. Io spero che il giorno in cui il presidente lascerà sia il più lontano possibile. Ho avuto modo di conoscerlo bene in questi mesi e la mia stima nei suoi confronti cresce costantemente. Intanto il nostro orizzonte resta il 2018 e si lavora per mantenere le promesse con quel traguardo».
Nel patto del Nazareno a questo punto potrebbe entrare davvero la successione al Colle.
«No. È davvero una mancanza di rispetto parlare di questo mentre il presidente, con la sua autorevolezza, è pienamente al lavoro. E il patto riguarda le riforme, non il Colle».
Ai militanti del Pd non piace la presenza al tavolo di Denis Verdini, rinviato a giudizio per la P3. A lei?
«Più che i militanti del Pd mi pare che la questione affascini i dirigenti azzurri. Forza Italia sceglie la sua delegazione, non noi. Con questa logica non avremmo dovuto neanche incontrare Berlusconi, date le note vicende. Continuo invece a credere che sia giusto aver coinvolto l’opposizione. Ora però è il momento di correre".


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