GOFFREDO DE MARCHIS
La Repubblica 9/11/14
Maria Elena Boschi Il ministro delle
Riforme lancia un ultimatum all’ex premier: “Non possiamo
aspettare all’infinito i contrasti dentro Forza Italia questa
settimana l’Italicum comincia il suo cammino al Senato”
«Il governo ha più rispetto per le
esigenze del Paese che per quelle di un partito, anche di un partito
importante come Forza Italia. Per questo dobbiamo andare avanti». Il
ministro delle Riforme e dei rapporti col Parlamento Maria Elena
Boschi pressa Berlusconi sulla legge elettorale: «Non possiamo
aspettare all’infinito i contrasti di Forza Italia. Questa
settimana l’Italicum comincia il suo iter in commissione al
Senato...».
È un ultimatum?
«No. È una constatazione: esiste una
scadenza ed è qui, davanti a noi. Abbiamo temporeggiato due mesi su
richiesta di Forza Italia. Adesso non possiamo più aspettare».
Qualche forzista sostiene che sono
cambiate le carte in tavola. Non è una buona scusa per chiedere una
riflessione?
«No. Tutte le modifiche sono state
discusse da Renzi con Berlusconi e con la maggioranza. Un percorso
concordato passo passo. Abbiamo approvato l’Italicum a Montecitorio
a marzo, una buona legge che supera una impasse di otto anni. Persino
sulla scelta degli eletti visto che si fa giustizia del Porcellum
superando la lenzuolata delle vecchie liste bloccate con liste corte
e pochi nomi sulla scheda. anni. È una buona base di partenza».
Allora perché cambiare?
«Nel frattempo il Pd, a maggio, ha
preso il 41 per cento. La soglia del 37 per cento per il premio di
maggioranza al primo turno, che all’inizio sembrava così alta,
adesso lo è un po’ meno ed è giusto portarla al 40 per cento».
Altruismo?
«No: serietà. Si scrivono regole per
il Paese e per le prossime generazioni, non per se stessi. Il
ballottaggio, una battaglia storica della sinistra, per noi rimane
una scelta di principio e dà ai vincitori una completa legittimità
a governare. In più abbiamo continuato ad ascoltare i nostri
interlocutori e gli addetti ai lavori recependo alcune perplessità
dopo il passaggio alla Camera».
Berlusconi era d’accordo sulle
modifiche?
«A settembre Berlusconi ha detto a
Renzi che si poteva trovare un’intesa sull’innalzamento della
soglia al 40 per cento, rimanendo con un premio di maggioranza al 15
per cento e sulla selezione degli eletti tenendo conto da una parte
dell’esigenza dei partiti di scegliere persone che hanno specifiche
competenze ma senza un grande bacino elettorale e dall’altra di un
più grande potere di scelta degli elettori. C’era poi il via
libera sostanziale al premio per la lista e non più per la
coalizione. La verità è che sono sorti dissidi interni a Forza
Italia, il tempo è passato e questi dissidi non sono stati
superati».
Potete aspettarli se davvero volete
arrivare al 2018.
«Non è in gioco un nostro puntiglio,
ma la credibilità della politica. Tutti siamo chiamati a cercare un
compromesso alto e nobile: la legge elettorale richiede che ciascuno
molli qualcosa cui tiene purché il sistema stia in equilibrio. Noi
per esempio pensiamo che vada ridotta l’incidenza dei nominati dai
partiti: lo si può fare portando i collegi da 120 a 100 così si
riduce il numero dei capolista bloccati eletti. Rimane poi il nostro
impegno sulla parità di genere, capolista divisi 50 e 50 tra uomo e
donna e doppia preferenza. Con Forza Italia resta un vero e unico
punto aperto: la soglia di sbarramento per i partiti più piccoli.
Loro la vogliono all’8 per cento, gli interessati invece puntano al
3. Dobbiamo trovare un punto di caduta».
Così, una volta approvata la legge,
Renzi manda l’Italia al voto anticipato e capitalizza il consenso
di cui gode in questo momento.
«Lo abbiamo detto in tutti i modi e lo
ribadisco: vogliamo arrivare al 2018. Ci sono le condizioni per farlo
e non abbiamo retropensieri. Se chiudiamo l’accordo sulle
correzioni, la legge può essere approvata in commissione a Palazzo
Madama prima di Natale e la portiamo in aula a gennaio. Poi, deve
tornare alla Camera e in primavera è possibile il voto definitivo. È
il calendario che abbiamo sempre immaginato per rispettare l’impegno
preso con i cittadini ».
È vero che volete eliminare la
clausola per cui l’Italicum è valido solo per la Camera in modo da
avere uno strumento subito funzionante? Questo alimenta il sospetto
di una corsa alle urne.
«Falso. È una scelta precisa, quella
di prevedere l’Italicum solo per la Camera dei deputati. Siamo
convinti che si possa concludere anche la riforma del Senato e andare
al voto nel 2018».
Esclude quella clausola?
«La escludo».
Il canale con Grillo sulla legge
elettorale è veramente percorribile o serve solo a fare pressing su
Forza Italia?
«In questo momento non c’è un
confronto governo-5 stelle. C’è stato invece un confronto Pd-5
stelle e tutti lo hanno potuto vedere in streaming. Loro hanno aperto
all’ipotesi del premio alla lista e hanno riconosciuto la necessità
di un premio di maggioranza. In Parlamento siedono anche i grillini.
Se queste modifiche li convincono le voteranno anche loro. Ma le
scelte del M5s sono sempre difficilmente prevedibili. Certo dopo
quello che hanno proposto e viste le modifiche che stiamo facendo,
faranno più fatica a dire di no».
Con la Lega è possibile un dialogo?
«Noi abbiamo cercato un colloquio con
tutti. Detto questo, abbiamo una nostra proposta. Se se ne mette in
campo una diametralmente opposta, non possiamo fermarci e
ricominciare».
L’ipotesi che il presidente Giorgio
Napolitano possa lasciare il Quirinale entro l’anno, significa che
i partiti devono sbrigarsi a votare la riforma elettorale?
«Che Napolitano non avrebbe concluso
il settennato lo sapevamo. Ma voglio lavorare senza pensare al dopo.
Non deve partire né il conto alla rovescia né il toto nomi. Sarebbe
offensivo e poco utile al dibattito pubblico. Io spero che il giorno
in cui il presidente lascerà sia il più lontano possibile. Ho avuto
modo di conoscerlo bene in questi mesi e la mia stima nei suoi
confronti cresce costantemente. Intanto il nostro orizzonte resta il
2018 e si lavora per mantenere le promesse con quel traguardo».
Nel patto del Nazareno a questo punto
potrebbe entrare davvero la successione al Colle.
«No. È davvero una mancanza di
rispetto parlare di questo mentre il presidente, con la sua
autorevolezza, è pienamente al lavoro. E il patto riguarda le
riforme, non il Colle».
Ai militanti del Pd non piace la
presenza al tavolo di Denis Verdini, rinviato a giudizio per la P3. A
lei?
«Più che i militanti del Pd mi pare
che la questione affascini i dirigenti azzurri. Forza Italia sceglie
la sua delegazione, non noi. Con questa logica non avremmo dovuto
neanche incontrare Berlusconi, date le note vicende. Continuo invece
a credere che sia giusto aver coinvolto l’opposizione. Ora però è
il momento di correre".
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