Corriere della Sera 01/11/14
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Si devono guardare i suoi occhi pesti,
il suo viso tumefatto, il suo corpo straziato. Si deve sapere che
nessuno si è occupato del suo dolore fisico, né si è preoccupato
che quel ragazzo, arrestato per possesso di droga, avesse smesso di
bere e di mangiare. Nessuno ha dato importanza al fatto che non
riuscisse più a reggersi in piedi tanto da non poter essere
trasferito in carcere e dunque dovesse essere ricoverato nel centro
di detenzione dell’ospedale Pertini. E ci si deve interrogare su
come sia possibile che nessuno pagherà per questo. Era nelle mani
dello Stato Stefano Cucchi ma ieri lo Stato si è arreso e ha
mostrato l’incapacità di rendere giustizia. La scelta di sua
sorella Ilaria di far vedere ancora una volta in televisione la foto
di quel volto devastato dalle botte sul lettino dell’obitorio è la
nuova ennesima umiliazione che questa famiglia è costretta a subire
pur di conoscere la verità. Un inammissibile sopruso che la mamma e
il papà di Stefano hanno dovuto nuovamente sopportare. Sembra
assurdo che in una vicenda dove ci sono decine di persone coinvolte,
testimoni o protagonisti, non ci sia nessuno che decida di raccontare
davvero che cosa è accaduto dal momento dell’arresto fino al
ricovero. Ma ancor più difficile da comprendere è che di fronte
agli elementi forti già contenuti negli atti processuali i giudici
non riescano a trovare i colpevoli. Stefano è stato ucciso. Lo Stato
che non lo ha protetto adesso è chiamato a dire chi lo ha ammazzato.
Ci sono stati tanti errori, omissioni e bugie commessi da chi era
incaricato di indagare. Ma il verdetto di ieri, che ci lascia senza
risposte e rende l’omicidio insoluto, è una sconfitta per tutti.
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