Corriere della Sera 19/11/14
Dino Martirano
Iniziando dall’ultimo dei ritardi
potenziali che sta accumulando la legge elettorale, merita ascolto il
ministro dell’Interno Angelino Alfano che, in occasione della
seduta in commissione al Senato in cui è stato incardinato
l’Italicum, ha avvertito Renzi e il Pd sulla tempistica di
eventuali elezioni anticipate: «Il termine di 45 giorni stabilito
dal testo approvato dalla Camera per disegnare i nuovi collegi
elettorali è esiguo... Non dico di tornare ai 5 mesi previsti dal
Mattarellum nel ‘93, ma un mese e mezzo è davvero poco per un
adempimento amministrativo non semplice...».
Insomma, Alfano,
leader dell’Ncd che vuole arrivare a fine legislatura nel 2018 per
strutturare meglio il partito neonato, mette un altro paletto sulla
strada di eventuali elezioni anticipate, con una coda di 5 mesi per i
tempi tecnici da aggiungere alla data di promulgazione
dell’Italicum.
La seconda variabile sul calendario della legge
elettorale — che il premier Matteo Renzi dà per «approvata al
Senato entro l’anno» — porta la firma del leghista Roberto
Calderoli che ha preparato un emendamento sulla clausola di
salvaguardia: «La legge elettorale, se deve valere solo per la
Camera, entrerà in vigore quando il Parlamento avrà approvato la
riforma costituzionale che cancella il Senato elettivo».
Questa
operazione di ancoraggio della legge elettorale alla riforma del
Senato non riuscì alla Camera a Giuseppe Lauricella (Pd) che fu
convocato al Nazareno da Luca Lotti, braccio destro di Renzi, e lì
convinto a convertire la clausola di salvaguardia nell’emendamento
che cancella l’articolo 2 della legge elettorale riguardante il
Senato.
Risultato: se si andasse a votare nel 2015 con
l’Italicum ancora privo di clausola di salvaguardia, e in assenza
di una riforma costituzionale compiuta, per la Camera varrebbero le
nuove regole elettorali mentre per il Senato il Consultellum
(proporzionale con una preferenza) lasciato sul campo dalla storica
sentenza della Consulta che ha azzerato il Porcellum.
Sulla
necessità di una clausola di salvaguardia per l’Italicum spinge
anche Paolo Romani, capogruppo di FI: «È importante che non si
precluda la possibilità di discutere anche della legge del Senato».
Sulla stessa linea si posiziona Loredana De Petris (Sel). Invece i
programmi del governo sono altri: «Dopo qualche rinvio di troppo —
avverte Renzi — abbiamo finalmente chiuso sulla tempistica della
legge elettorale e della riforma costituzionale, che sarà approvata
in seconda lettura alla Camera entro il mese di gennaio, con le
soglie di ingresso al 3%». Mentre l’Italicum, come concordato con
la maggioranza, «verrà approvato definitivamente alla Camera entro
febbraio 2015».
Sulle modifiche all’Italicum, concordate
nella maggioranza e confermate da Renzi, si inserisce la relazione
del presidente della I commissione del Senato, Anna Finocchiaro (Pd):
«Si potrebbe ragionare su: a) innalzare la soglia oltre la quale si
ha il diritto al premio di maggioranza; b) limitare alle sole liste,
e non anche alle coalizioni di liste, l’assegnazione del premio; c)
ridurre sensibilmente le soglie per l’accesso al riparto dei
seggi».
Anna Finocchiaro, tuttavia, invita il Parlamento a
compiere una riflessione per non incappare nuovamente nella censura
della Consulta, che ha chiesto di bilanciare il valore della
governabilità e della rappresentatività. I punti deboli
dell’Italicum sono due: il ballottaggio (cosa succederebbe se il
partito vincitore si fermasse al primo turno al 39,9 per cento,
contro un secondo attestato al 20 per cento, e poi perdesse il
ballottaggio?); il sistema misto capilista bloccati-preferenze per il
quale la Finocchiaro non esclude un ritorno al Mattarellum (listino
nazionale bloccato e collegi con le preferenze).
Sul numero dei
collegi (più ce ne sono più aumentano i deputati «nominati»),
Renzi tende la mano a Silvio Berlusconi: «Ognuno dei 100 collegi
avrà un capolista secco...». Mentre con gli alleati aveva
concordato un numero di collegi compreso tra 75 e 100.
Ma il
vero boccone amaro per Forza Italia è la soglia di accesso abbassata
dall’8 al 3 per cento che vale la sopravvivenza dell’Ncd. La
notizia di una telefonata tra Berlusconi e Alfano, che avrebbero
parlato anche di questo, è stata smentita da Forza Italia, mentre
Giovanni Toti continua il lavoro di mediatore con l’Ncd.
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