Corriere della Sera 16/11/14
luigi accattoli
Parola severa questa del Papa sulla
«falsa compassione»: una frase giudicante, tipica dei moniti in
difesa della vita di Giovanni Paolo II. «Falsa pietà» aveva detto
una volta Wojtyla dell’eutanasia ( Evangelium vitae , 1995) e prima
ancora aveva sostenuto che la «genuina compassione» non può mai
dimenticare il «non uccidere» ( Veritatis splendor , 1993). Allora
la Chiesa era accusata di non conoscere la compassione, accusa che
era poi tornata negli anni di Benedetto XVI, quando insisteva sul
«valore» non negoziabile della vita. Né si può affermare che
Francesco ieri l’abbia dette di passaggio quelle parole giudicanti,
che anzi le ha proiettate come un faro ruotante su tutte le scelte di
vita che la cultura secolare vuole libere, affidate alla coscienza
d’ognuno: aborto, eutanasia, fecondazione assistita,
sperimentazione su embrioni. Il Papa della misericordia non rinuncia
al repertorio della predicazione morale dei predecessori, ma cambia
la proporzione tra i richiami all’etica della vita e quelli
all’etica sociale. Il «non uccidere» della Bibbia i predecessori
l’invocavano — poniamo — dieci volte per la vita nascente e
terminale e due volte per le altre età. Francesco rovescia il
rapporto e solo in occasioni particolari — ieri parlava ai medici
cattolici — tratta di bioetica. Nell’intervista del settembre del
2013 alle riviste dei Gesuiti aveva detto che era necessario «trovare
un nuovo equilibrio» tra la predicazione valoriale e quella sociale.
Un portato del nuovo equilibrio è che d’ordinario papa Bergoglio
non parla di aborto ed eutanasia senza accennare al più ampio
scenario sociale ed economico della difesa della vita. È stato così
anche ieri: ha detto dell’eutanasia attiva ma ha menzionato anche
quella «nascosta», come chiama la tendenza a lasciare morire gli
anziani privandoli dei necessari sostegni e trattandoli da
«scarti».
Nessun commento:
Posta un commento