Corriere della Sera 10/11/14
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L’opinione pubblica è sconcertata.
Aspri conflitti nelle Procure di Milano e Roma. Condanne seguite da
assoluzioni e poi da nuove condanne. Giudici del lavoro che
condannano uffici pubblici per aver adottato provvedimenti
disciplinari nei confronti di dipendenti che si assentavano dal
lavoro.
Altri giudici del lavoro che ordinano la reintegrazione di
vigili del fuoco rapinatori e di «ubriachi fissi». Giudici che
vogliono giudicare la storia.
Infine, e soprattutto, una
macchina che lascia la crescente domanda di giustizia insoddisfatta.
Le cause iscritte, rapportate agli abitanti, si sono quintuplicate
negli ultimi anni. In base alle ultime statistiche Istat disponibili,
sono pendenti quasi cinque milioni di cause civili in primo grado, e
altrettante cause penali. La durata media dei processi è tra le più
alte in Europa. In media, nelle corti americane, è necessario non
più di un anno per esaurire tutti e tre i gradi di giudizio. In
Italia ne servono otto. Per questo, l’Italia è continuamente
sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la fiducia
degli italiani nell’affidabilità del ricorso alla giustizia è
nettamente inferiore alla media europea, la maggioranza degli
italiani è convinta che i giudici non siano imparziali, molte
multinazionali americane sono restie
a investire in
Italia.
Questa situazione ha conseguenze sull’intero sistema
istituzionale e sui rapporti tra Stato e cittadino. Infatti, le norme
diventano realtà con l’intervento dei giudici, che sono l’anello
che chiude la catena del sistema giuridico. Sono le corti che debbono
assicurare, in ultima istanza, il rispetto del diritto. Ma giustizia
ritardata è giustizia negata. Dal che conseguono l’impunità, la
fuga dalla giustizia e l’adattamento all’illegalità (il
condominio rinuncia a portare in giudizio il condomino moroso, se sa
che occorreranno anni per ottenere giustizia). Insomma,
l’insufficienza grave dell’intera macchina giudiziaria produce
effetti che si ripercuotono sull’intero vivere civile, impediscono
o rallentano gli investimenti, disabituano a quel severo minimo di
governo che è necessario in ogni società, inducono a comportamenti
illegali.
L’ultimo paradosso è quello di un corpo giudiziario
composto da persone mediamente egregie, ma chiuso in se stesso, che
non riesce a trovare nella sua esperienza le idee per correggersi e
che pare incapace di far maturare proposte di ordinamenti migliori e
di dialogare con la cultura, le professioni, il mondo politico.
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