Corriere della Sera 27/11/14
Ernesto alli della Loggia
I deputati pd che martedì sono usciti
dall’Aula per non votare il Jobs act si candidano a essere i nuovi
protagonisti di uno degli spettacoli più antichi del repertorio
della sinistra italiana: il nullismo politico.
Cioè la
propensione a dire sempre no, a fare l’opposizione e basta. Bindi,
Fassina, Civati, Bersani e compagni sono contro Renzi perché lo
giudicano un pericoloso thatcheriano travestito, e sta bene. Dunque
si sono schierati contro quasi tutto quello che ha fatto — contro
il patto del Nazareno, contro gli 80 euro, contro la riforma del
Senato, contro la revisione dell’articolo 18 —, e sta ancora
bene. Ma avanzando quali proposte nuove e alternative? In nome di
quale nuovo progetto? Che cosa farebbero, insomma, se fossero loro a
governare? Nessuno lo sa: sospetto perché non lo sanno neppure
loro.
Ma in questo modo quello della sinistra pd finisce per
essere niente altro che l’esatto rovescio di ciò che essa
rimprovera a Renzi: l’antipersonalismo come risposta al
personalismo. Così come, sempre in questo modo la sinistra pd mostra
una singolare mancanza di sintonia con lo spirito del Paese. Non
sembra proprio, infatti, che oggi gli italiani sentano il bisogno di
«discorsi», quanto piuttosto di soluzioni tangibili, di proposte e
progetti concreti. Magari anche elementari e brutali, come quelli
leghisti di Salvini (e però, guarda caso, di grande successo), certo
meno che mai delle astratte scomuniche ideologiche di Gianni Cuperlo.
Non hanno bisogno di sentirsi dire che il presidente del Consiglio è
un chiacchierone che non combina nulla, bensì di sapere che cosa
combinerebbe chi gli muove tali accuse.
Nella situazione
drammatica in cui si trova, il Paese ha bisogno di una cosa più di
ogni altra: di un’idea capace di unirlo e di portarlo in salvo. Pur
con tutte le critiche possibili e sia pure molto a tentoni, la
proposta renziana del «partito della nazione» interpreta questa
necessità e si muove in questa direzione. Rappresenta qualcosa che
alla Sinistra finora non è mai riuscito, ed è la ragione che fin
qui le ha impedito di sedere da sola al governo. S’illudono infatti
gli antirenziani del Pd se credono che l’Italia possa essere
governata sulla base delle ragioni dei disoccupati, dei
metalmeccanici e dei pensionati.
Bisogna avere un
progetto che contemperi
le ragioni di molti, molti altri; e più
che vellicare il passato di una parte occorre disegnare un futuro
plausibile per tutti. Altrimenti si conferma solo la propria antica,
maledetta vocazione al minoritarismo permanente.
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