Corriere della Sera 27/11/14
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«La democrazia è come il sesso. Non
si insegna a scuola. Milioni di uomini e di donne sono lasciati soli
ad apprendere quali sono le sue regole... Così la si impara per
strada, nelle discussioni tra gli amici, dai giornali, dalla tv, da
internet e soprattutto dall’esito delle elezioni». A parlare è
Roberto D’Alimonte, politologo, esperto di elezioni e sistemi
elettorali, docente alla Luiss di Roma e all’università di
Firenze, editorialista del Sole 24 Ore e consulente «tecnico» di
Matteo Renzi in fase di composizione delle prime versioni
dell’Italicum, la nuova legge elettorale.
Professore, siamo qui a
parlare di democrazia e riforme elettorali, ma la gente non va più
alle urne. L’astensionismo cresce sempre più. Come la mettiamo?
«È
un fenomeno globale che coinvolge tutte le democrazie occidentali, a
partire dagli Stati Uniti. Da noi i primi segnali di questo trend si
sono avvertiti nel 1979, salvo qualche lieve inversione di tendenza.
Molti i fattori. Uno è quello demografico: il nostro è un Paese di
anziani e gli anziani sono pigri. Poi c’è il profondo e diffuso
malessere sociale legato a crisi economica, frustrazione, sfiducia,
rabbia, continui scandali. Nel caso del crollo di affluenza delle
elezioni dell’altro giorno in Emilia Romagna e Calabria, ci metta
pure la mancanza di una mobilitazione nazionale che facesse da traino
alle sfide locali e, da ultimo, anche il fatto che si sia votato in
un giorno solo anziché due come nel passato. Ultima considerazione:
il voto si è secolarizzato. Prima era un rito religioso che
sanzionava l’appartenenza ad un partito o ad una chiesa. Oggi è
una scelta laica, non un precetto». Mattarellum, Porcellum…A
proposito di legge elettorale, da noi la fantasia dei governanti e
legislatori si è sbizzarrita con i nomi e le contorsioni
interpretative.
Lei è considerato il padre dell’Italicum. Che
legge sarà? «Guardi, io sono solamente lo zio, non il padre. I veri
ideatori e facitori dell’Italicum sono Renzi e Berlusconi, perché
le scelte decisive sono state le loro. Io ho collaborato e penso che
sia una buona legge, un buon compromesso. Viene innalzata fino al 40%
la soglia di voti che un partito deve conquistare per poter accedere
al premio di maggioranza senza passare dal ballottaggio. La soglia di
sbarramento è abbassata al 3%. Un sistema che garantisce sia la
governabilità in modo stabile e anche la rappresentatività delle
minoranze. Che poi i premi vadano alle singole liste, come io
preferisco, o alle coalizioni, è un problema secondario. L’unico
dubbio riguarda le preferenze: non ci vedo chiaro, prevedo pasticci».
Quando arriverà in porto questa benedetta legge di cui si parla da
mesi?
«Rimangono perplessità e resistenze. Come vede, il Patto del
Nazareno viene confermato un giorno sì e l’altro no. In realtà a
Berlusconi non conviene il premio alla lista per via del rischio di
finire terzo in una contesa elettorale che si basa sul bipartitismo.
La proposta di legge è comunque già stata calendarizzata: se non
sarà entro la fine anno, sarà per gennaio, massimo primavera».
A
complicare le cose in Italia, oltre alla fragilità governative e
parlamentari, si aggiunge la fragilità dei partiti, sempre in preda
a beghe e divisionismi.
«È un vulnus gravissimo, questo. Negli
ultimi 60 anni della nostra storia ci siamo trovati davanti a tre
elezioni disastrose, nel senso della criticità, della rottura degli
equilibri politici, di quello che noi chiamiamo delineamento. E’
successo nel 1948, nel 1994 e nel 2013. Lo scorso anno è finita la
Seconda Repubblica. Non era mai successo che un partito (M5S), che si
presenta per la prima volta in un competizione elettorale, prendesse
il 25% dei voto.
Come spiegarselo?
Viviamo in una situazione di
mercato elettorale aperto. Gli elettori sono come consumatori
volubili, disponibili alle offerte dei politici-imprenditori. Oggi il
prodotto nuovo è quello di Renzi e Salvini».
Ultima cosa. Lei dice
che la democrazia, come il sesso, non si insegna a scuola. E dove
allora?
«Proprio a scuola invece si dovrebbe. L’educazione civica
di una volta serve a poco, era una materia fredda. Agli studenti
bisogna insegnare la politica e l’economia come sistema empirico,
di dati fatto, che li riguardano. Politica ed economia sono scienze.
Sa che le dico? Anche il sesso è una scienza. Non è d’accordo?».
Ci mancherebbe, professore.
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