Corriere della Sera 16/11/14
Alessandro Trocino
«Mediaset? Sono argomenti che lascerei
a quella parte della sinistra italiana che in questi anni ha vissuto
dell’ossessione berlusconiana, finendo per diventare subalterna».
Matteo Orfini, presidente del Partito democratico, nonché «giovane
turco» tra i più inclini alla mediazione con il segretario,
commenta così la battuta di Pier Luigi Bersani sull’impennata in
Borsa per Mediaset seguita all’incontro tra Matteo Renzi e Silvio
Berlusconi.
Bersani dice anche: «Non c’è nessun bisogno del
patto del Nazareno», ovvero dell’accordo sulle riforme siglato dai
leader pd e Forza Italia.
«Se abbiamo una legge elettorale in
prima lettura alla Camera e una riforma costituzionale approvata in
prima lettura al Senato, lo dobbiamo al patto del Nazareno. Forse è
utile ricordare, a me e a Bersani, che non era stato concepito come
un patto esclusivo con Forza Italia, ma che il risultato è figlio
del rifiuto del Movimento 5 Stelle di discutere. E questo, Bersani,
che provò per primo a dialogare con Grillo, dovrebbe saperlo
bene».
Una parte della sinistra continua a non digerire patti
con Berlusconi.
«Non c’era alternativa. Berlusconi è un
avversario del Pd, ma non condivido l’ossessione verso di lui che
ha coinvolto una parte della sinistra. Bersani non è mai stato
incline a questi atteggiamenti».
Però parla di «trasversalismo
un po’ paludoso». E anche molti elettori non sono entusiasti del
Patto.
«Ricordo che il Pd è andato alle elezioni proponendo di
fare le riforme con tutti e anche su questo ha preso i voti.
Preferisco il Bersani prima maniera, quello della campagna
elettorale. Allora ci si infuriava contro la destra per aver fatto
riforme a maggioranza».
Non si dà un vantaggio a Berlusconi,
Mediaset a parte?
«Al contrario. Da allora Berlusconi è stato
sonoramente sconfitto alle Europee».
Bersani dice che «non si
può rimettere il dentifricio nel tubetto». Traducendo dal
«bersanese», qualcosa nel Pd si è incrinato, non tutti si sentono
a casa.
«Io credo che una volta finito il Congresso, si debba
lavorare all’unità del partito. E quello che è successo sul Jobs
act è positivo».
L’accordo è fatto?
«Mi pare che si sia
raggiunto un buon punto di equilibrio che può garantire un percorso
sereno».
Sull’Italicum Renzi ha portato a casa il
risultato?
«Sono state recepite gran parte delle richieste che
venivano dalle minoranze. Il premio di lista e non di coalizione, le
preferenze, sia pure parziali, le soglie più basse. Quando sappiamo
ascoltarci riusciamo a fare passi avanti».
Bersani lamenta
l’eccesso di voti di fiducia, che sono già 28.
«L’uso delle
fiducie nasce dalla difficoltà di approvare provvedimenti a causa di
forme di opposizioni ostruzionistiche degli altri partiti».
È
una minaccia usata anche per riportare compattezza nel Pd.
«Finora
non è mai stato così e il Pd si è mostrato
compatto».
Sull’articolo 18 e sulla riforma del lavoro
restano l’opposizione di Gianni Cuperlo, Pippo Civati e altri.
«Non
si può far contenti tutti. Neanche io avrei toccato l’articolo 18,
ma non capisco i sindacati quando parlano di politiche di destra.
Credo che se si guarda al merito e non al posizionamento interno,
anche gli esponenti della minoranza ancora critici troveranno motivi
di soddisfazione. Si sono fatti veramente dei passi avanti. Che
dimostrano come non sia vero, da una parte, che il segretario del
partito non ascolta abbastanza, dall’altra che le minoranze sono
pregiudizialmente ostili».
Nessun commento:
Posta un commento