Corriere della Sera 30/11/14
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Il quindicesimo anniversario di un
incontro che vide riuniti a Firenze i leader della sinistra allora al
governo in alcuni grandi Paesi — Bill Clinton negli Usa, Tony Blair
in Gran Bretagna, Lionel Jospin in Francia, Enrique Cardoso in
Brasile, Prodi e D’Alema in Italia — è stato subito associato
alla benedizione che Tony Blair ha offerto a Renzi in occasione della
cena svoltasi mercoledì scorso a Palazzo Chigi: ritorna la «Terza
via»? Si tratta di una linea politica che la sinistra può ancora
adottare? E oggi, in Italia, ne è Matteo Renzi un interprete
adeguato? Massimo D’Alema, intervistato ieri da Paolo Valentino sul
Corriere , risponde «no» a tutte e tre le domande.
«Terza
via» è denominazione diffusa, e che non riguarda solo la politica,
bensì ogni problema in cui si scartano le soluzioni estreme e se ne
adotta una intermedia, che cerca di conservare gli aspetti positivi e
ridurre quelli negativi associati alle soluzioni polari. Insomma, un
compromesso accettabile. Nella politica della sinistra si tratta di
una vecchia storia, che risale almeno alla fine dell’800, a Eduard
Bernstein, poi rinverdita dagli austro-marxisti dopo la Prima guerra
mondiale. Tony Blair e il suo ideologo Tony Giddens è da questi
ultimi che hanno ripreso l’espressione «Terza via» per affrontare
(e nobilitare) un problema politico particolare: dato che la sinistra
tradizionalista e statalista dominante nel Labour Party era stata
battuta per quattro volte di seguito dai neoliberali di Thatcher e
Major, non era forse il caso di adottare una linea politica
intermedia tra i tradizionalisti e i liberali estremi del partito
conservatore? È sull’onda del suo successo nelle elezioni del 1997
che Blair venne all’incontro di Firenze e che Tony Giddens cominciò
a fare il piazzista — un piazzista di alto livello — della Terza
via in tutt’Europa. Dopo di che le cose non andarono bene: il
Labour vinse sì le due successive elezioni — cosa mai avvenuta in
precedenza — ma Blair divenne così impopolare, soprattutto per le
sue posizioni sulla guerra in Iraq, che oggi il suo nome è
impronunciabile in Gran Bretagna, anche nell’ambito della sinistra
moderata. E la stessa espressione di Terza via, a lui troppo
associata, ha perso gran parte del suo fascino.
Ma il problema
del contrasto e del necessario compromesso tra capitalismo e assetto
politico liberale — da una parte — e democrazia, eguaglianza di
opportunità, benessere per i ceti più disagiati — dall’altra —
rimane e anzi è diventato più acuto con gli sviluppi più recenti
della globalizzazione, dopo la grande crisi del 2008, nel contesto di
un’Unione Europea che ha fatto propri i precetti del liberismo più
estremo e di un rampante populismo di destra.
Tutte le sinistre
europee che aspirano a governare sono costrette a questo compromesso,
a tante e diverse «terze vie» a seconda delle loro storie e del
bagaglio di attività e passività che si portano appresso. Questo
D’Alema, che ha governato, lo sa benissimo, come sa che il fardello
che si porta appresso l’Italia è particolarmente pesante e il
compromesso rischia di essere più sfavorevole ai ceti popolari che
in altri Paesi più efficienti e meglio governati del nostro.
E
allora non tiriamo in ballo la Terza via o altre questioni di
principio e lasciamole agli studiosi e agli ideologi, bravi come Tony
Giddens o meno bravi come i suoi omologhi italiani. D’Alema e Renzi
sono politici puri, opportunisti come i politici devono essere,
pronti a servirsi di tutti i suggerimenti culturali che si prestano
ai loro fini. Non credo che Renzi abbia un pregiudizio ideologico
contro l’uso di strumenti pubblici e dello Stato, se solo fossero,
nel nostro disgraziato Paese, un po’ più efficienti e meno
inquinati dalla politica: e dunque una riforma della politica
(abolizione del bicameralismo identico e legge elettorale) e della
pubblica amministrazione sono in testa ai suoi obiettivi. Quanto alle
finalità che Renzi persegue in Europa o a livello internazionale
credo siano identiche a quelli che perseguirebbe D’Alema: non lo fa
con sufficiente forza e competenza? Ma allora, sulla base di esempi
concreti, di questo si parli, non di astratte terze vie.
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