FRANCESCO VIVIANO
La Repubblica11/11/14
Imprenditori maltesi (di origini
italo-americane), i Catrambrone hanno creato due mesi fa la prima
missione privata di soccorso nel Canale di Sicilia: “Non potevamo
più rimanere indifferenti” “Quegli sguardi impauriti dei bimbi
nei barconi ti cambiano per sempre” Così la coppia milionaria ha
salvato 3.000 migranti
Un'esperienza drammatica, ma
bellissima. Perché aver salvato in questi mesi tante vite umane ci
riempie di gioia. Quanti? Oltre tremila tra donne, uomini e bambini:
recuperati da gommoni e barconi stracarichi, alla deriva in mezzo al
mare. I loro volti, le loro storie hanno ripagato i nostri sforzi,
anche economici. Insieme al piccolo ma agguerrito equipaggio che fino
a pochi giorni fa ha setacciato il Mediterraneo, ovunque ci
segnalassero imbarcazioni che stavano per affondare. E quando ti
trovi davanti a donne e bambini, anche neonati, affamati e assetati,
senza salvagente non puoi non intervenire, non puoi non aiutarli…».
L’emozione attraversa le parole di Regina Catrambrone, italiana di
origini calabresi che, insieme al marito Christopher, americano di
New Orleans, e alla figlia Maria Luisa, è protagonista di questa
incredibile storia. La famiglia Catrambrone risiede da dieci anni a
Malta, dove gestisce un’azienda, Tangiers group ( agenzia che offre
assicurazioni e intelligence nelle zone più pericolose del mondo).
L’idea di mobilitarsi privatamente per aiutare i migranti in
difficoltà nel Canale di Sicilia venne nell’estate del 2013,
quando a bordo del loro yacht individuarono il cadavere di un uomo in
acqua. «Capimmo che era uno dei tanti migranti che provano ad
attraversare quel tratto di mare», ricorda oggi Regina. «Io e mio
marito ci guardammo e decidemmo che non potevamo rimanere
indifferenti. Così è nata l’idea del Moas».
Ovvero Migrant Offshore Aid Station ,
operazione privata di salvataggio nel Mediterraneo. Subito dopo la
tragedia di Lampedusa, dove il 3 ottobre 2013, centinaia di uomini e
donne morirono affogati davanti alla spiaggia dell’Isola dei
Conigli, i Catrambrone decisero di mobilitarsi, procedendo
all’acquisto e all’allestimento della Phoenix, nave di 40 metri
super- accessoriata (droni compresi) per l’assistenza in alto mare.
«A smuoverci fu l’appello di Papa Francesco: non potevamo rimanere
inermi davanti a tali tragedie ».
Operativo dall’estate scorsa, il
Moas. In poco più di due mesi (da fine agosto a ora), oltre tremila
salvataggi e un fiume di denaro — quasi tre milioni di euro —
investiti per aiutare i migranti in difficoltà a sopravvivere,
consegnandoli alle autorità o ai mezzi navali di Mare Nostrum.
«Abbiamo deciso di usare tutti nostri risparmi per contribuire a
salvare vite umane — sottolinea Regina Catambrone, ieri a Roma per
partecipare a una conferenza internazionale di Ong — Certo, siamo
ricchi e avevamo dei risparmi importanti ma potevamo investire in un
altro business e invece abbiamo scelto di creare Moas. E siamo felici
di aver fatto questa scelta: salvare anche una sola vita umana è una
cosa grandissima cosa ».
Ora però i fondi di questa famiglia di
“samaritani del mare”, sono finiti e così l’intera operazione
è stata momentaneamente sospesa. Dal 31 ottobre la Phoenix è
ormeggiata nel porto maltese della Valletta. «Ma siamo certi che
riprenderà presto il mare», spiega Regina. «Abbiamo lanciato un
appello affinchè altre persone e associazioni possano aiutarci ».
L’ultimo intervento della Phoenix
risale al 27 ottobre: in mare aperto, tra Lampedusa e Malta, dove
sono stati soccorsi in 331 tra cui decine di donne e bambini.
«Pioveva e faceva freddo — racconta Martin Xuereb ex capo delle
forze armate maltesi ora comandante dei 16 marinai della Phoenix —
e avevamo ricevuto una segnalazione dal centro operativo della Marina
Militare italiana di una imbarcazione in difficoltà. In poche ore
l’abbiamo raggiunta e portato in salvo 200 persone. Poi, mentre ci
dirigevamo verso Porto Empedocle, abbiamo incrociato un altro barcone
e alla fine a bordo erano in 331. Situazione non facile da gestire
perché tra salvataggio e trasferimento sulla terraferma, sono
trascorse 36 ore».
Regina e Cristopher domani rientreranno
a Malta con la speranza che il loro appello per sostenere Moas venga
raccolto da altri. «Perché davanti a un dramma di dimensioni
apocalittiche bisogna reagire», dice Regina. «Noi abbiamo fatto e
vorremmo continuare a fare la nostra piccola parte ma è necessario
che i governi europei partecipino alle missioni». Ovvero?
«L’operazione Mare Nostrum non può finire così: quanti bambini,
donne, uomini finiranno in quel cimitero del mare se non c’è
qualcuno che li soccorre?». La conclusione dei Catrambrone,
“samaritani” del mare, è politica: «Ci vorrebbero corridoi
umanitari per consentire ai migranti di arrivare in Europa in maniera
sicura, ma serve l’intervento da parte di tutti gli Stati europei».
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