Corriere della Sera 27/11/14
corriere.it
Le frizioni sempre più evidenti nel
Pd, innescate dal Jobs act, sono esplose ieri con evidenza. Punto
scatenante è stato il risultato delle elezioni in Emilia-Romagna. La
straordinaria astensione è stata letta prevalentemente come un
segnale critico rivolto a Renzi. Rosy Bindi, nell’intervista
concessa a questo giornale, lo dice esplicitamente e ritiene che non
sia lontano il momento della costituzione di una forza di sinistra in
competizione con il Pd di Renzi che starebbe progressivamente
spostandosi a destra. Una forza che recuperi l’ispirazione
dell’Ulivo, saldamente collocata nell’area del riformismo di
sinistra.
Che consistenza avrebbe un percorso di questo genere?
Quale forza elettorale? È naturalmente difficile da dire. È
indubbio che l’aggravarsi delle difficoltà economiche del Paese
creino nell’elettorato forti preoccupazioni e un malumore diffuso
anche verso il governo e il premier che hanno perso una quota
importante di consensi a partire dalla fine dell’estate. E abbiamo
visto che il Jobs act non sembra essere particolarmente apprezzato,
poiché si pensa che favorisca più le imprese che non i lavoratori
né si spera in un suo effetto apprezzabile sulla crescita
dell’occupazione.
Ma questo non basta per individuare una
stabile base di consenso. L’orientamento culturale su cui Renzi
fonda il suo percorso non è infatti tanto un rifiuto della
collocazione a sinistra, quanto un percorso di rinnovamento delle
costituencies della sinistra in un mondo trasformato. E, in fondo, è
stato Renzi a collocare il Pd nel Partito socialista europeo, cosa
che non era riuscita a nessuno dei segretari provenienti dalla
tradizione ex-comunista. E l’impostazione retrostante il Jobs act
sembra una sorta di riedizione del patto dei produttori, sia pure con
modalità negoziali e processi decisionali diversi rispetto al
passato. Quindi l’ipotesi della nuova forza può avere una sua
consistenza solo se non si chiude nel recupero del passato, nel
ritorno all’Ulivo o comunque alle tradizioni precedenti. La
richiesta di cambiamento, anche del ceto dirigente, è stata evidente
in una parte importante dell’elettorato tradizionale della sinistra
e sembra oramai un dato che non si può mettere in discussione. Anche
perché il consenso potenziale ad una forza di questo tipo, come
abbiamo visto qualche settimana fa, veniva meno dai lavoratori e più
da disoccupati e anziani. Recuperare il disagio e la delusione
attraverso il classico partito del lavoro è dunque presumibilmente
difficile.
Nessun commento:
Posta un commento