Riccardo
Imberti
La
situazione italiana si fa sempre più preoccupante. Da un lato il
maltempo ha messo a dura prova intere aree del Paese, dall'altro, il
manifestarsi di un sentimento di rabbia che rischia di trasformare le
nostre città e le loro periferie un luogo di scontro e di guerriglia
che non promette nulla di buono.
Il
clima economico generale non migliora, e il sentimento che sta
montando è un mix di nervosimo incertezza rassegnazione, un impasto
che si solidifica e si frappone fra la società e la politica,
soffiando nelle vele della vecchia-nuova destra, dell’antipolitica,
ma ormai anche in qualcosa di potenzialmente pericoloso per la
credibilità delle istituzioni.
L'Italia
è un paese che fatica a uscire dalla crisi, e la politica,
nonostante lo sforzo di Matteo Renzi, ha tempi troppo lunghi per far
fronte ai tanti problemi accumulati in anni di inadempienza e
inconcludenza.
I
sintomi di un conflitto diffuso sono tremendamente concreti, tipico
dei momenti di crisi economica, alimentati ad arte dalla destra e
dalla lega, per mettere in difficoltà il governo nazionale e locale,
altri dovuti a problemi annosi trascurati per anni che oggi emergono
in tutta la loro drammaticità.
Si
stanno mischiando problemi di una difficile convivenza. Succede a
Roma, Tor Sapienza è un quartiere in degrado, è indubbio. Ma siamo
sicuri che la colpa sia degli stranieri o dei rom? La paura degli
extracomunitari, indicati a torto (ma con indubbia efficacia
psicologica) come causa della disoccupazione e della criminalità
urbana, ha lo stesso sapore della paura che i lavoratori dipendenti a
tempo indeterminato nutrono nei confronti della flessibilità
dilagante.
Così
come a Milano a Corvetto e al Giambellino, gli sgomberi
dall'abusivismo abitativo, stanno causando tafferugli e contestazioni
sempre più diffusi.
Si
stanno sommando problemi di esasperazione, dovute a gravi crisi
aziendali come a Terni, con la disperazione di persone colpite da
devastazioni ambientali come a Genova e le fasce deboli delle
periferie e dei quartieri delle tante povertà.
Nell'immediato
la soluzione è affidata alla determinazione del governo tutto
impegnato a far fronte alla grande congiuntura economica, con
provvedimenti che tentano di rilanciare l'economia e l'occupazione,
dall'altra le forze dell'ordine si oppongono al diffondersi di
contestazioni sempre più egemonizzate dagli antagonisti di turno.
Ma
tutto questo non basta. Accanto ai provvedimenti redistributivi che
il governo sta introducendo, serve una riflessione seria sugli
strumenti necessari per ricreare le condizioni per la convivenza tra
le aree delle città e tra i cittadini e le istituzioni. Va ripensato
in profondità l'assetto urbanistico delle città, indirizzandolo
verso un orizzonte di equilibrio, se non vogliamo, come ha affermato
giustamente qualcuno, che la disperazione delle periferie si riversi
nel cuore dei centri.
Così
come, se è giusto contestare il sindacato quando si pone solo a
difesa dei lavoratori tutelati e garantiti, al tempo stesso è
necessario ricercare un dialogo serio e libero da pregiudizi e
ideologie per una profonda condivisione sull'introduzione e adozione
dei nuovi ammortizzatori sociali rivolti in particolare alle fasce
delle nuove povertà e alla questione del lavoro ai giovani.
Accanto
alle urgenze serve un pensiero lungo che ridisegni, accanto alle
riforme istituzionali, i luoghi del confronto, fuori dal quale c'è
il rischio di rendere irreversibile la crisi profonda in cui siamo
immersi.
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