Corriere della Sera 02/11/14
Lorenzo Salvia
Bastano due numeri per capire quanto
siano grandi i buchi nell’Isee, lo strumento usato ancora adesso
per costruire le graduatorie dei servizi sociali, dagli asili nido
alle borse di studio. L’80% degli italiani che presenta
l’indicatore della situazione economica equivalente (questo vuol
dire Isee) dichiara di non avere un conto in banca. Una bugia
evidente, visto che il conto ce l’hanno nove italiani su dieci.
Eppure per anni lo Stato ha fatto finto di
crederci.
Autocertificazione, nessun controllo successivo:
bastava dire di non aver un euro in banca per guadagnarsi la mensa
gratis a scuola, solo per fare un esempio. Che i buchi ci siano lo si
dice da tempo. Uno studio del dipartimento Welfare della Cgil
sostiene che il 20% delle dichiarazioni non «corrisponde alle reali
condizioni di ricchezza». Con il risultato che ogni anno servizi
sociali per 2 miliardi vanno a chi non ne avrebbe diritto. Ed è
anche da tempo che si cerca di correggere il tiro. Ma con molta
fatica. Il nuovo Isee è stato annunciato per la prima volta nel
decreto salva Italia del governo Monti, quasi tre anni fa.
L’idea
era e resta quella di ridurre lo spazio dell’autocertificazione, di
mettere sulla bilancia non solo il reddito vero e proprio di una
famiglia (lo stipendio o la pensione) ma anche il suo patrimonio, a
partire dalla casa. Sui conti correnti si era pensato di prevedere un
tot di controlli a campione ma poi con l’ultimo disegno di legge di
Stabilità si è deciso di inserire direttamente i dati in possesso
dell’Agenzia delle Entrate. Solo che tra rinvii, cambi di governo,
decreti e pareri, siamo ancora fermi alle vecchie regole. Il governo
dice che il nuovo Isee partirà nel gennaio 2015.
Ma ci sono
ancora due punti i nterrogativi. Il primo è il regolamento del
ministero del Welfare che deve fissare gli ultimi dettagli, compresi
i nuovi moduli da riempire. Il provvedimento è stato firmato pochi
giorni fa, la prossima settimana dovrebbe arrivare il parere del
Garante della privacy. Non ci dovrebbero essere sorprese. Il secondo
interrogativo è il ricorso presentato da 25 associazioni di disabili
sul quale il 19 novembre si pronuncerà il Tar del Lazio. I punti
contestati sono vari ma su uno in particolare sembrano esserci buone
probabilità di successo: secondo il nuovo Isee sono da considerare
reddito tutte le entrate del nucleo familiare, anche le «somme
fiscalmente esenti». Per i disabili vuol dire che qualsiasi
contributo, anche quelli per la disabilità, farebbe salire l’Isee,
con conseguente perdita di posizioni in graduatoria. Un controsenso?
Se il Tar dovesse dare ragione alle associazioni, il governo dovrebbe
mettere nuovamente mano all’Isee. A quel punto rispettare la
scadenza del primo gennaio sarebbe quasi impossibile.
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