Corriere della Sera 04/11/14
Ilaria Sacchettoni
Accogliendo l’impostazione dei pm
Rodolfo Sabelli e Giancarlo Capaldo, il gip Paola Della Monica ha
rinviato a processo Denis Verdini (Fi) e il collega di partito Nicola
Cosentino: il primo è accusato di corruzione, l’altro di
diffamazione e violenza privata. Verdini e gli altri si sarebbero
adoperati e avrebbero agito come una loggia segreta, la cosiddetta
P3, per interferire nell’attività istituzionale, intercettandone
le decisioni e orientandole a proprio beneficio alla maniera della
più celebre P2 (1981).
Il lungo elenco di episodi contestati è
ricostruito nell’avviso di conclusione delle indagini, spedito ai
difensori ormai un anno fa, a novembre 2013. Secondo i pm, Verdini,
Carboni e Marcello Dell’Utri (la cui posizione sarà giudicata
separatamente, per l’ex senatore in carcere a Parma si attende che
le autorità libanesi si pronuncino sulla richiesta di estradizione
suppletiva legata a questa vicenda) «si adoperavano per influenzare
la decisione della Corte Costituzionale nel giudizio di legittimità
del Lodo Alfano (le riunioni fra Carboni, l’allora sottosegretario
alla giustizia Giacomo Caliendo e i giudici Arcibaldo Miller e
Antonio Martone, ndr )».
Non solo, gli imputati sarebbero
intervenuti «sui magistrati di Cassazione per favorire una
conclusione favorevole alla parte privata di cause ivi pendenti, sia
di natura civile (giudizio tributario relativo alla società
Mondadori) che penale (ricorso contro la misura cautelare disposta
dalla magistratura napoletana nei confronti di Nicola Cosentino)».
Il riferimento è alla richiesta di arresto per concorso esterno in
associazione mafiosa della procura napoletana. E ancora, sempre
secondo l’avviso di chiusura indagini, gli imputati «avvicinavano
i magistrati delle procure di Napoli e Milano allo scopo di
procurarsi informazioni circa lo stato dei procedimenti penali ivi
pendenti».
Dalle verifiche condotte all’epoca dai carabinieri
del Nucleo investigativo di via in Selci, Verdini si sarebbe speso
anche per il collega di partito Roberto Formigoni, favorendone il
ricorso dopo l’esclusione dalle regionali della Lombardia (la
vicenda delle firme false). Mentre, in Sardegna, avrebbe versato
denaro a un funzionario pubblico, Pinello Cossu, per garantirsi
informazioni sulla «gestione di aree destinate a ospitare impianti
di energia eolica» e per «curare direttamente e per conto
dell’organizzazione l’acquisto di terreni da
opzionare».
L’intreccio fra ragioni di militanza politica ed
esigenze di profitto è ricostruito più avanti: Verdini e soci
«sollecitavano e si procuravano finanziamenti, anche in cambio della
concessione di cariche di partito in sede locale, coinvolgendo terzi
imprenditori nell’attività dell’associazione». E inoltre
interferivano sulla nomina di «rappresentanti e dirigenti di enti
locali, in particolare della Regione Sardegna, per ottenere la
nomina, in cariche amministrative apicali, di persone gradite al
sodalizio e così favorire il rilascio a imprese da loro gestite di
concessioni nel settore della produzione delle energie rinnovabile
(l’ eolico ndr )».
Quanto a Cosentino si contestano
diffamazione, pressioni e una sorta di intimidazione volta a
«costringere Caldoro a rinunciare alla propria candidatura», sia
pure «senza riuscire nell’intento per cause indipendenti dalla
loro volontà».
Per Verdini c’è stato l’«appoggio
incondizionato» di Paolo Romani, presidente del gruppo di Forza
Italia al Senato, e solidarietà dal partito. Tuona Maurizio
Gasparri: «Aggressione intollerabile, agli atti ci sono
intercettazioni comiche». Per Ncd parla Fabrizio Cicchitto: «Vale
la presunzione di innocenza per tutti». Silenzio, da centrosinistra
e Lega.
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