Corriere della Sera 26/08/14
Sergio Della Pergola
Professore
di Demografia Hebrew University of Jerusalem
Caro direttore, Antonio Ferrari, in un
commento apparso sul Corriere del 23 agosto, coglie nel segno quando,
riferendosi alle esecuzioni di supposti «collaborazionisti» sulla
pubblica piazza a Gaza, scrive che «difendersi ricorrendo alla
concorrenza della ferocia è una barbarie che si rivelerà anche
politicamente suicida». L’osservazione nasce dall’analogia, che
molti notano, fra le azioni dell’incappucciato che ha barbaramente
trucidato il giornalista americano James Foley nel nome del califfato
islamico, e quelle degli incappucciati palestinesi che a Gaza hanno
fucilato decine di persone nel nome della lotta di liberazione di
Hamas.
L’obiezione che si tratti di due situazioni
completamente diverse non sembra reggere al vaglio di un’osservazione
più attenta. In entrambi i casi gli incappucciati fanno parte di
movimenti islamici armati, di ispirazione sunnita, dediti alla
«liberazione» del loro territorio da una supposta «occupazione»
straniera: in Iraq, dalle ingerenze del mondo americano e
occidentale, ma anche sciita, curdo, cristiano e yazida; a Gaza, da
quelle di Israele, ma anche dell’Autorità palestinese, di fatto
cessate nell’agosto 2005. In entrambi i casi l’esecuzione
pubblica avviene senza alcuna procedura legale nella quale sia stata
fornita una prova di colpevolezza e sia stato consentito ai
condannati a morte di far udire le proprie ragioni.
Ma al di là
del parallelismo nelle tragiche coreografie, in entrambi i casi il
problema di fondo è quale società civile vorrebbero creare questi
movimenti di «liberazione» se dovessero riuscire nel loro intento;
quali sarebbero le istituzioni democratiche e le garanzie civili,
quali i diritti delle minoranze etniche e religiose, del genere
femminile, dei diversi. L’Occidente, che certo si riconosce in
questi parametri irrinunciabili, e che sembra pretenderli senza
compromessi da parte dell’Isis, appare invece stranamente reticente
nel richiedere lo stesso ad Hamas. La rappresentazione mediatica e
politica dei fatti in Iraq e a Gaza resta in gran parte divisa da
paratie stagne, e questo lancia un segnale preoccupante sulla
capacità e volontà di giudizio in Occidente. Resta infine
l’inquietante domanda: chi paga ?
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