Corriere della Sera 10/08/14
Viviana Mazza
«I miliziani dello Stato Islamico
hanno ordinato agli uomini yazidi di scegliere: “O vi convertite
all’Islam oppure vi ammazziamo”. A coloro che hanno rinnegato la
nostra fede diventando musulmani, poi, hanno strappato le mogli e le
figlie con l’intenzione di offrirle alle proprie truppe. Alcuni
hanno preferito essere uccisi. Nella mia religione, di fronte a una
scelta simile è meglio la morte».
Vian Dakhil, 38 anni,
deputata yazida nel parlamento iracheno, parla al telefono da Bagdad
mentre dal nord del Paese giunge la notizia che i miliziani dello
Stato Islamico minacciano di giustiziare altri 4.000 membri della
minoranza religiosa se non si convertiranno all’Islam. Le immagini
del suo appello di martedì scorso in parlamento hanno fatto il giro
del mondo. E’ stata lei, con la voce spezzata dai singhiozzi, la
prima a denunciare che nel Nord del Paese è in atto un massacro
degli yazidi, seguaci di una fede pre-islamica e considerati
miscredenti dagli estremisti dello Stato Islamico. Ed è stata lei a
dare la notizia che 500 donne erano state catturate nella città di
Sinjar e «vendute al mercato degli schiavi». Conferme del rapimento
di «centinaia» di donne della comunità sono giunte l’altro ieri
dal governo iracheno e da un funzionario americano. «Ora abbiamo
notizie più precise. Molte hanno meno di trent’anni, alcune hanno
con sé i propri bambini — spiega Dakhil —. All’inizio le hanno
portate a Tal Afar, al confine con la Siria». Ora, secondo il
ministero iracheno dei diritti umani, sarebbero tenute prigioniere in
scuole di Mosul. «Ma crediamo che una sessantina siano state
separate dalle altre, sarebbero state già offerte o vendute per
quella che alcuni chiamano la “Jihad al-Nikah” (jihad del sesso,
ndr). E non sappiamo più dove si trovino: forse a Mosul, forse a Tal
Afar, forse in Siria. Ora c’è un’operazione in corso, anche se
non posso parlarne. Ma chiedo a voi donne italiane di non
dimenticarci».
Tra le cinquantamila famiglie fuggite sui monti
di Sinjar, ci sono i parenti di Dakhil. «Gli aiuti hanno raggiunto
alcuni, non tutti: sono rimasti tagliati fuori i profughi che si
trovano a sud della montagna. Dopo 5 giorni senz’acqua né cibo,
molti bimbi e anziani sono morti. Alcuni si sono armati ma hanno
fucili senza munizioni. E’ facile per l’Isis raggiungerli, perciò
temono di scendere a valle a prendere l’acqua. Ci sono uno-due
giorni per salvarli. Poi cominceranno a morire in massa». Gli yazidi
sono stati storicamente perseguitati per la loro venerazione
dell’Angelo Pavone, fraintesa come una sorta di culto del diavolo.
«Ma vivevamo in pace nel Nord. Il problema non è l’Islam, sono i
terroristi dell’Isis. Ci disprezzano ancor più dei cristiani: i
cristiani sono nominati nel Corano, noi no, e ai loro occhi meritiamo
d’essere massacrati tutti».
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