Sotto accusa i razzi di Hamas, che però nega. Il premier Nethanyahu
avrebbe cercato di nascondere la bozza di accordo al proprio governo e
in particolare al ministro degli esteri Lieberman
L’ennesima tregua a Gaza finita con nuovi bombardamenti, razzi e
accuse reciproche.Eppure, il compromesso raggiunto al Cairo prevedeva
una tregua permanente e non più limitata a 72 ore. I negoziati veri e
propri sulle richieste di entrambe le parti sarebbero stati rimandati a
colloqui successivi. Una formula di dubbio successo, ma che consegnava
una vittoria di facciata a israeliani e palestinesi.
È bastato un lancio di razzi, di cui Hamas nega ogni responsabilità, e
i successivi raid israeliani per mostrare la fragilità dell’accordo e
quanti siano gli attori che tramano alle spalle della pace.
Ad aver lanciato i razzi non sarebbe stata Hamas, che nega con forza
qualsiasi coinvolgimento, ma una fazione palestinese minore, i Comitati
di Resistenza Popolare, terza forza politica nella Striscia per capacità
militari e strettamente associata ad Hezbollah.
Difficile capire se il gruppo abbia agito in totale autonomia, magari
su imput di Hezbollah e Iran, come è difficile credere che Hamas non
fosse al corrente dell’operazione, specie in un momento cosi delicato.
Probabile che la leadership politica di Hamas a Gaza ne fosse
all’oscuro, considerando che poche ore prima aveva dato ordine di far
riprendere la vita quotidiana nella Striscia riaprendo scuole e uffici e
accelerando un ritorno alla normalità auspicato dalla popolazione.
Se, però, qualcuno dentro Hamas sapeva, i maggiori indiziati sono da
ricercare nel leader dell’ala militare del movimento islamico, Mohamed
Deif e in quello del Politburo Khaled Meshaal.
Grazie al conflitto, infatti, la popolarità di Deif è in ascesa e potrebbe continuare a salire grazie a un video rilasciato dall’agenzia Reuters che mostra i combattenti di Hamas nella fitta rete di tunnel che Israele sostiene di aver distrutto.
Grazie al conflitto, infatti, la popolarità di Deif è in ascesa e potrebbe continuare a salire grazie a un video rilasciato dall’agenzia Reuters che mostra i combattenti di Hamas nella fitta rete di tunnel che Israele sostiene di aver distrutto.
Meshaal, invece, avrebbe potuto agire a salvaguardia degli interessi
del Qatar, stato in cui si trova in esilio e maggior finanziatore di
Hamas. L’accordo su un cessate il fuoco permanente avrebbe
rappresentato, infatti, il primo vero successo diplomatico per il
presidente egiziano Sisi, nemico giurato dell’emirato e della sua
politica estera. L’emiro Tamim ha fatto capire piú volte che non ci sarà
accordo senza il coinvolgimento qatarino e, non a caso, il presidente
palestinese Abbas volerà a Doha per incontrare Meshaal e l’emiro.
Ma anche in Israele non mancano i problemi, tanto che secondo Haaretz
il premier Nethanyahu avrebbe cercato di nascondere la bozza di accordo
al proprio governo e in particolare al ministro degli esteri Lieberman.
I falchi non perdono occasione di denunciare qualsiasi accordo e per
questo, anche in Israele, c’è chi vede con favore la fine dell’ennesima
tregua, ma è pronto a negoziarne presto un’altra e poi ancora un’altra a
patto di non fare concessioni finchè la guerra non si esaurirà
lentamente per stanchezza, disinteresse o inerzia.
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