mercoledì 27 agosto 2014

“Duemila morti, non lasciate sola l’Italia”

La Stampa 27/08/2014
Guido Ruotolo

L’Onu: 1600 vittime solo da giugno. “Operazione Mare Nostrum? Positiva, adesso serve un’azione Ue

Una strage, una ecatombe nel Canale di Sicilia. Quasi duemila morti dal primo gennaio ad oggi. L’appello dell’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite è di «non lasciare sola» l’Italia. Il portavoce Unhcr, Melissa Fleming, da Ginevra si rivolge all’Europa: «Positiva l’operazione Mare Nostrum, che ha consentito di salvare migliaia di vite umane, ma ora la drammatica situazione ai confini marittimi dell’Europa, richiede un’azione europea urgente e concertata». 
I dati delle Nazioni Unite sono drammatici: «1.889 vittime in otto mesi». Nel dossier presentato a Ginevra si prende atto che gli ultimi giorni sono stati i peggiori di quest’anno per le persone che affrontano la traversata del Mediterraneo per raggiungere l’Europa: almeno tre navi si sono capovolte o sono affondate e si contano più di 300 vittime.  
In realtà i morti potrebbero essere di più. Racconta il comandante della nave Della Marina militare, Fenice, il capitano di fregata Carlo Sciugliuzzo, che i superstiti del naufragio di domenica sera hanno raccontato che i morti sono ben oltre quei 24 corpi recuperati: «Secondo quanto hanno raccontato sul barcone viaggiavano oltre 500 migranti, se a questa cifra sottraiamo i 364 sopravvissuti e i 24 cadaveri già recuperati significa che mancherebbero ancora all’appello oltre cento dispersi».  
Dunque, per l’Unhcr quasi duemila morti negli ultimi otto mesi, 1.600 solo dall’inizio di giugno. Eppure le condizioni del mare sono buone e proprio per questo sono migliaia gli arrivi in queste ore. Dal primo gennaio a ieri mattina, erano 109.128 (di questi solo 71.877 salvati da Mare Nostrum). 
Nonostante il mare calmo, nonostante Mare Nostrum, le imbarcazioni continuano ad affondare. Impressionanti le immagini che arrivano dalla spiaggia di Tripoli con decine di corpi senza vita sulla battigia. Quei corpi - nel naufragio di venerdì scorso a poche miglia dalla costa libica sarebbero morte 250 persone - sono testimonianza crudele di quella guerra, per dirla con l’Osservatore Romano, che si sta combattendo nel Canale di Sicilia. Sabato sera, a 20 miglia dalla costa libica e a 140 da Lampedusa, sono stati recuperati 18 corpi e salvati 73 disperati. E poi domenica sera, con i 24 corpi recuperati e i 100 che mancano all’appello. 
Mentre a Roma si cerca una proposta che convinca l’Europa a impegnarsi in prima linea, così come chiedono le Nazioni Unite, si guarda anche alla situazione fuori controllo della Libia, principale porto di partenza delle imbarcazioni cariche di uomini, donne e bambini. Le previsioni sono ancora più fosche, visto che l’instabilità di quel paese è destinata a peggiorare. 
Per il momento, dunque, non è praticabile alcuna ipotesi di bloccare le partenze in Libia, di accogliere in loco i rifugiati in centri gestiti dalle Nazioni unite dove raccogliere le domande dei richiedenti asilo. E neppure si può pensare che questi centri si aprano in Tunisia o Egitto, sud-Sudan, Ciad o Niger, i paesi confinanti con la Libia. Del resto nell’elenco delle vittime dei viaggi della speranza, si dovrebbero aggiungere anche tutti quei disperati che sono morti nella traversata del deserto libico. Negli anni di Gheddafi, i reparti speciali ne hanno seppelliti a centinaia. Tra Kufra e il confine con il Ciad c’erano accampamenti di migliaia di africani che cercavano di arrivare sulla costa. Quelle città fantasma oggi sono diverse, nate anche più a sud, sull’asse Sebha-Tripoli. 
Si muore in mare e nel deserto mentre le milizie armate stanno portando il Paese alla disgregazione. Non solo Cirenaica da una parte, Tripolitania dall’altra. È l’intero paese spaccato in tante microrealtà. 
Ma accanto ai morti ci sono i vivi che vengono salvati, che raggiungono l’Europa, che devono essere protetti, sfamati. Europa solidale è avara. I Paesi si guardano in cagnesco. Quelli che confinano con noi, ci restituiscono come se fossero degli evasi, gli eritrei piuttosto che i siriani che vengono pizzicati mentre passano la frontiera. L’Europa della libera circolazione delle merci non tollera che venga violata Dublino 3, l’intesa che stabilisce che la protezione umanitaria venga garantita dai paesi dove entrano i rifugiati. 

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