Corriere della Sera 24/08/14
Marco Galluzzo
Renzi ha fiducia nel futuro,
gli «scappa da ridere» quando sente parlare di «aiuti esterni»
all’Italia, visto fra l’altro che «noi diamo all’Europa più
di quello che riceviamo», visto che nel Fondo salva Stati «abbiamo
messo soldi che altri hanno preso», e visto anche che «sono certo
che fra dieci anni torneremo ad essere la guida dell’Europa».
Dai
viali e dai prati di Forte dei Marmi, dall’albergo dove trascorre
gli ultimi giorni delle sue vacanze, il presidente del Consiglio
manda diversi messaggi, di fiducia ma anche di critica nei confronti
dell’establishment italiano. Non è la prima volta, ha in qualche
modo ignorato le riserve dei sindacati nei giorni scorsi, attaccato
la dirigenza della pubblica amministrazione, ora secondo il premier
occorre «passare dalla logica del piagnisteo a quella della
proposta», cosa che «toglierebbe il Paese dalle mani dei soliti
noti, quelli che vanno in tutti i salotti buoni a concludere gli
affari di un capitalismo di relazione ormai trito e ritrito. Questa è
la rivoluzione culturale che serve all’Italia: spalancare le
finestre e fare entrare aria nuova». Un auspicio che trova Corrado
Passera totalmente d’accordo: «Ne abbiamo parlato insieme tante
volte, spero che adesso, con comportamenti coerenti, vada
avanti».
Il riferimento di Renzi è anche agli investimenti
esteri diretti che confida di portare in Italia nel prossimo futuro,
oltre alle riforme che si appresta a varare — «vedrete che quella
della scuola, il 29 agosto, stupirà tutti» —, come del resto, è
nelle sue intenzioni, quella che sarà contenuta nel provvedimento
«sblocca Italia», che mira a cambiare le regole degli appalti e
delle autorizzazioni, per spendere oltre 40 miliardi di euro, stime
del governo, già stanziati per opere pubbliche.
La cornice è
sempre all’insegna dei parametri europei, Renzi ribadisce che
«manterremo l’obiettivo del 3%, e ciò accadrà anche se altri
fossero costretti ad allontanarvisi». Apprezza l’intervento del
governatore della Bce, Mario Draghi, pronunciato ieri al summit dei
banchieri centrali a Jackson Hole, perché ha detto che «chi fa le
riforme» ha «il dovere di mettere in campo tutti gli strumenti di
flessibilità che ci sono». E comunque «le cose che ha detto - e
che sono state oggetto di una presunta polemica estiva - sono cose di
buon senso».
Al momento, «tutto il resto», compreso il
dibattito agostano sulle pensioni, «mi pare forzato e prematuro.
Quando poi sento parlare di aiuto esterno mi scappa da ridere. Solo
l’atavica volontà di parte della classe dirigente italiana
impedisce di prendere atto di una realtà: noi stiamo aiutando
l’Europa, non è l’Europa che aiuta noi». Agli italiani c’è
anche da ricordare, per dovere di cronaca, che «se abbiamo
accumulato un debito pubblico enorme che fa da zavorra allo sviluppo,
non è colpa dell’Europa. Se spendiamo male i fondi europei, non è
colpa dell’Europa. Se da noi un processo civile dura decenni, non è
colpa dell’Europa».
Le dichiarazioni sono in parte rilasciate
in un’intervista al settimanale Tempi e in parte all’emittente
televisiva toscana Rtv 38. Renzi elenca i prossimi obiettivi
dell’esecutivo: fra gli altri riforme costituzionali e legge
elettorale; riportare l’Italia sullo scenario internazionale; la
nuova pubblica amministrazione; spending review. E poi riforma del
lavoro, del fisco, il tanto atteso sblocca Italia, «tutt’altro che
una serie di annunci spot», assicura, mentre auspica che Enrico
Rossi sia confermato come prossimo candidato alla presidenza della
Toscana, «ma su questo deciderà il partito».
A proposito di
politica economica il ministro Pier Carlo Padoan commenta in modo
favorevole le linee di politica economica esposte da Mario Draghi,
«si tratta di un disegno fortemente in sintonia con le linee guida
avanzate dalla presidenza italiana dell’Ue, il messaggio di Draghi
è molto chiaro: per creare occupazione in Europa occorre agire dal
lato della domanda con la politica monetaria, con la politica di
bilancio nell’ambito degli spazi disponibili già oggi, e con una
forte politica di rilancio degli investimenti. Ma è anche
indispensabile una forte azione dal lato dell’offerta, con una
efficace e credibile strategia di riforme strutturali compreso il
mercato del lavoro. E questo è compito dei governi».
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