sabato 2 agosto 2014

Mediazione e rottamazione

Mario Lavia 
Europa  

Il premier non è uno che all'inizio non media. Ma poi si siede al tavolo anche per troncare lo spettacolo che palazzo Madama sta dando
Una volta incassato il via libera al senato non elettivo, premessa necessaria per superare il bicameralismo perfetto, ieri Matteo Renzi si è infine seduto al tavolo della mediazione con l’opposizione disponibile a discutere, segnatamente Sel (giacché i grillini appaiono ormai fuori controllo anche sul piano emotivo e sulla Lega è meglio tacere). Mossa giusta, anzi necessaria.
Forse un leader politico della Prima repubblica, o educato a quella scuola, lo avrebbe fatto prima. Subito. Ma Renzi è fatto in un altro modo. Va dritto. Non inizia mediando. Inizia “menando”. La mediazione, semmai, viene dopo, quando lui si sente in una posizione di forza ancora maggiore.
Ma c’è anche una ragione diversa. Che ha a che fare con l’orribile spettacolo che abbiamo visto andare in scena nella bomboniera di palazzo Madama, un susseguirsi di comportamenti spesso maleducati, quando non violenti, oltraggiosi nei confronti del presidente dell’assemblea e dello stesso governo, irrispettosi della grammatica istituzionale. Tutta roba che si rovescia certamente contro i responsabli – M5S, e anche Lega – ma che non fa bene alla politica in generale e dunque neppure al capo del governo che di questa fase politica è il principale protagonista. Se è così, è giusto che Renzi abbia deciso che fosse meglio darci un taglio, riprendendo la via della politica e della mediazione e tentare così di velocizzare ulteriormente il dibattito.
Il risultato è che il governo molto probabilmente porterà a casa la riforma del senato entro la settimana prossima. Sarebbe un ottimo successo. Vedremo se sarà così, rispetto alla tempistica.
Quel che è sicuro, sul piano politico, è che il presidente del consiglio dimostra di saper coniugare l’impeto rottamatorio con una certa abilità tattica (che in alcuni casi appare persino troppo disinvolta, come nel caso del dietrofront sul no alle preferenze). Il che, se da un lato smentisce nel modo più palese presunte tendenze autoritarie del governo, dall’altro lascia intravedere un ritorno alla pratica dell’ascolto e del compromesso: insomma, una stagione di questo esecutivo politicamente più matura.

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