mercoledì 27 agosto 2014

Conti in rosso, verranno cancellate subito 
1.250 municipalizzate.


Corriere della Sera del 27/08/14
Lorenzo Salvia

Dopo la frenata, la tentazione della contromossa. Il decreto sblocca Italia rischia di perdere le misure che hanno bisogno di soldi per partire, come i nuovi incentivi fiscali sulla casa, per il solito motivo di far quadrare i conti pubblici. E allora il governo prova a compensare il probabile stop infilando nel testo un’accelerazione sul taglio delle società partecipate dagli enti locali. Una misura che ha il pregio di non costare nulla, anzi di ridurre la spesa pubblica. Anche se è molto difficile immaginarne gli effetti immediati.

Nel decreto che venerdì sarà discusso in Consiglio dei ministri potrebbero esserci non solo le due misure di cui si è già parlato negli ultimi giorni. La prima è la possibilità per i Comuni di usare l’incasso della dismissione di partecipate al di fuori del patto di stabilità interno, che oggi frena gli investimenti anche delle amministrazioni che hanno la cassa piena. La seconda è il prolungamento dell’affidamento fino ad un massimo di 22 anni in caso di quotazione in Borsa. In aggiunta potrebbe entrare nel decreto almeno un pezzo di quel percorso che dovrebbe far scendere le società dalle 8 mila di adesso a circa mille. Una cura dimagrante in sette mosse già definita dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli in uno studio pubblicato sul sito dedicato alla revisione della spesa pubblica che ieri si è arricchito di nuove tabelle. La prima mossa, la più semplice, è quella che ha più probabilità di essere anticipata: la semplice chiusura delle partecipate che esistono ancora ma già adesso non sono operative ne cancellerebbe dalla mappa 1.250. Altre 800, seconda mossa, sparirebbero estendendo il divieto di partecipazione nelle aziende che si occupano di servizi senza rilevanza economica. Poi ci sono le 900 da chiudere fissando una soglia minima di fatturato e dipendenti, le mille da dismettere quando la partecipazione è sotto il 10%, le 650 controllate dai Comuni al di sotto dei 30 mila abitanti. Altre 2.400 sarebbero tagliate come effetto di una serie di misure più complesse: dalle modifiche sui servizi a rete, come l’energia e l’acqua, a quelle sulle delibere per il mantenimento delle partecipazioni già possedute.

Un vero e proprio disboscamento delle ex municipalizzate, che lo stesso Cottarelli ha voluto sostenere pubblicando ieri una serie di tabelle che fotografano la situazione spesso disastrata dei loro conti. Una bella fetta di queste società sono in realtà per Cottarelli oggetti non identificati. Sono 1.075 quelle per le quali al commissario non risulta disponibile (per i motivi più vari) il bilancio 2012, compreso il Maggio musicale fiorentino, l’Anci, l’associazione nazionale dei Comuni, e Acea distribuzione, ramo di una holding quotata. Dalle tabelle viene fuori che una società su quattro, il 27%, non è redditizia: in termini tecnici ha un rendimento negativo rispetto al capitale investito. Un «buco nero», insomma. Ma c’è un ristretto club che riesce a far peggio e risulta avere un patrimonio negativo o nullo: sono 143, dalla Fiera di Roma alla Cmv di Venezia, che gestisce il Casinò, passando per il Cotral, l’azienda di trasporto pubblico del Lazio. Ci sono anche le aziende che vanno bene, oltre mille hanno un indice di redditività a due cifre e le eccellenze sono presenti tanto al Nord come al Sud, con lo Zuccherificio del Molise al primo posto assoluto. Ma non bisogna pensare solo alle grandi aziende.

Anche se non si tratta tecnicamente di partecipate, lo studio del commissario prende in esame anche le farmacie comunali. Oggi sono 1.600, il 9% del totale, con punte del 20% in Toscana. Il documento non parla esplicitamente di una loro chiusura ma, nella conclusione, qualche nuvolone scuro sembra addensarsi: «Si noti che il servizio nei Comuni piccoli o disagiati viene assicurato anche a mezzo di farmacie private che percepiscono sovvenzioni dal settore pubblico». Sembra il preludio ad un’altra sforbiciata. L’intervento, tuttavia, richiede un supplemento di istruttoria e non troverà posto nel pacchetto di dopodomani.

Nelle ultime bozze, invece, sono spuntate due norme destinate a far discutere. La prima è contro quella che a Roma viene chiamata la «maledizione dei coccetti», e cioè il blocco dei cantieri che di solito segue il ritrovamento di un reperto archeologico durante gli scavi. L’articolo 12 del testo dice che il problema va risolto entro 4 mesi: 90 giorni per un progetto che valorizzi il reperto all’interno dell’opera pubblica, altri 30 per il parere della Sovrintendenza. Ma il ministero dei Beni culturali non è d’accordo e la decisione finale non è stata ancora presa. La seconda misura invece riguarda la Rc Auto, l’assicurazione sulla responsabilità civile per chi guida. Il decreto renderebbe possibile l’utilizzo delle telecamere in zone a traffico limitato e tutor per multare chi non ha l’assicurazione, grazie all’incrocio immediato di diverse banche dati. Ci aveva già provato il governo Letta, senza successo. Adesso si torna alla carica. Palazzo Chigi avverte che le bozze che circolano non sono attendibili e invita ad aspettare il testo definitivo. Ma sarà ancora lunga: venerdì il Consiglio dei ministri dovrebbe essere convocato alle nove di sera. Si gioca in notturna.




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