venerdì 1 agosto 2014

Riforme, il Pd soffre e procede al senato. Ma intanto Renzi apre sull’Italicum

Rudy Francesco Calvo 
Europa  

Passa un emendamento leghista a scrutinio segreto. Nella direzione dem, il premier contrattacca. Con Vendola ormai è rottura, ma c'è la disponibilità su preferenze o collegi
Tira dritto Matteo Renzi. Lo stop subito ieri mattina in senato, con l’approvazione a scrutinio segreto di un emendamento leghista sostenuto da Sel e M5S, non lo spaventa: «Le riforme vanno avanti. Una alla volta le infiliamo tutte». Davanti alla direzione del Pd attacca a testa bassa gli «incappucciati», quelli che «vogliono fare le riunioni in streaming e poi approfittano del voto segreto», e chiarisce che l’incidente parlamentare «non è il remake dei 101», rivolgendo i sospetti sui franchi tiratori di FI, più che su quelli del Pd.
Il premier non rinuncia, almeno formalmente, all’estremo tentativo di recuperare un rapporto con Sel, rendendo esplicite – come richiesto tra le altre cose dal partito di Vendola – le modifiche alla riforma elettorale proposte dai dem e sulle quali c’è già un via libera di massima da FI: innalzare la soglia per ottenere il premio di maggioranza, abbassare lo sbarramento per l’accesso alla camera, introdurre le preferenze (mantenendo il capolista bloccato). Un punto, quest’ultimo, che non trova d’accordo tutti i dem. Roberto Giachetti e Sandra Zampa intervengono per mantenere l’opzione dei collegi uninominali. Un’ipotesi che formalmente Renzi accoglie, ma riservandosi di sottoporla «ai contraenti del patto», un metodo che rivendica in pieno. Come a dire: «Ci provo, ma sapete che FI non ci starà mai».
L’apertura sulle preferenze piace invece alla minoranza dem, così come a Ncd. Basterà a fermare l’ostruzionismo di Sel? Renzi non ci conta, ma mette bene in chiaro: «Se pensano di noi che stupriamo la Costituzione, che siamo al limite del prefascismo, stiano al loro posto. Noi non abbiamo problemi, vinceremo le elezioni regionali anche senza di loro. Non abbiamo bisogno di essere ricattati sui voti». Le giunte in carica non si toccano, insomma, ma se Vendola ha deciso di inseguire Grillo, il Pd lo lascerà andare senza troppi rimpianti. Anche perché la riforma al senato è incardinata sul giusto binario (con le opposizioni che hanno finito il tempo a loro disposizione e gli emendamenti più scivolosi ormai alle spalle) e Renzi è convinto che lo spettacolo offerto in questi giorni a palazzo Madama faccia molto più male al partito del governatore pugliese che ai dem.
«Se si pensa che per fare le alleanze si debba rinunciare al diritto a opporsi a una riforma che si considera sbagliata provi pure a vincere da solo, uccidendo il centrosinistra», è la replica del coordinatore di Sel Nicola Fratoianni. Parole che, se possibile, rafforzano ancor di più le convinzioni di Renzi. Perché uccidere “quel” centrosinistra, quello dei ricatti dei partitini, è proprio ciò che vuole. Ciò che – almeno secondo lui – vogliono gli elettori.
In direzione Renzi si è mostrato ottimista anche sulla situazione economica del paese, spostando in Europa la battaglia «politica» su questi temi, come su quelli della politica estera, sulla quale rigetta al mittente l’accusa di essere troppo «accondiscendenti nei confronti della Russia».  L’ostacolo principale alla candidatura di Federica Mogherini come Mrs Pesc, che è stata ufficializzata ieri sera, con la lettera inviata dal premier a Jean-Claude Juncker.

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