Passa un emendamento leghista a scrutinio segreto. Nella direzione
dem, il premier contrattacca. Con Vendola ormai è rottura, ma c'è la
disponibilità su preferenze o collegi
Tira dritto Matteo Renzi. Lo stop subito ieri mattina in senato,
con l’approvazione a scrutinio segreto di un emendamento leghista
sostenuto da Sel e M5S, non lo spaventa: «Le riforme vanno avanti. Una
alla volta le infiliamo tutte». Davanti alla direzione del Pd
attacca a testa bassa gli «incappucciati», quelli che «vogliono fare le
riunioni in streaming e poi approfittano del voto segreto», e chiarisce
che l’incidente parlamentare «non è il remake dei 101», rivolgendo i
sospetti sui franchi tiratori di FI, più che su quelli del Pd.
Il premier non rinuncia, almeno formalmente, all’estremo tentativo di recuperare un rapporto con Sel, rendendo esplicite – come richiesto tra le altre cose dal partito di Vendola
– le modifiche alla riforma elettorale proposte dai dem e sulle quali
c’è già un via libera di massima da FI: innalzare la soglia per ottenere
il premio di maggioranza, abbassare lo sbarramento per l’accesso alla
camera, introdurre le preferenze (mantenendo il capolista bloccato). Un
punto, quest’ultimo, che non trova d’accordo tutti i dem. Roberto Giachetti
e Sandra Zampa intervengono per mantenere l’opzione dei collegi
uninominali. Un’ipotesi che formalmente Renzi accoglie, ma riservandosi
di sottoporla «ai contraenti del patto», un metodo che rivendica in
pieno. Come a dire: «Ci provo, ma sapete che FI non ci starà mai».
L’apertura sulle preferenze piace invece alla minoranza dem, così
come a Ncd. Basterà a fermare l’ostruzionismo di Sel? Renzi non ci
conta, ma mette bene in chiaro: «Se pensano di noi che stupriamo la
Costituzione, che siamo al limite del prefascismo, stiano al loro posto.
Noi non abbiamo problemi, vinceremo le elezioni regionali anche senza
di loro. Non abbiamo bisogno di essere ricattati sui voti». Le giunte in
carica non si toccano, insomma, ma se Vendola ha deciso di inseguire
Grillo, il Pd lo lascerà andare senza troppi rimpianti. Anche perché la
riforma al senato è incardinata sul giusto binario (con le opposizioni
che hanno finito il tempo a loro disposizione e gli emendamenti più
scivolosi ormai alle spalle) e Renzi è convinto che lo spettacolo
offerto in questi giorni a palazzo Madama faccia molto più male al
partito del governatore pugliese che ai dem.
«Se si pensa che per fare le alleanze si debba rinunciare al diritto a
opporsi a una riforma che si considera sbagliata provi pure a vincere
da solo, uccidendo il centrosinistra», è la replica del coordinatore di
Sel Nicola Fratoianni. Parole che, se possibile, rafforzano ancor di più
le convinzioni di Renzi. Perché uccidere “quel” centrosinistra, quello
dei ricatti dei partitini, è proprio ciò che vuole. Ciò che – almeno
secondo lui – vogliono gli elettori.
In direzione Renzi si è mostrato ottimista anche sulla situazione
economica del paese, spostando in Europa la battaglia «politica» su
questi temi, come su quelli della politica estera, sulla quale rigetta
al mittente l’accusa di essere troppo «accondiscendenti nei confronti
della Russia». L’ostacolo principale alla candidatura di Federica
Mogherini come Mrs Pesc, che è stata ufficializzata ieri sera, con la lettera inviata dal premier a Jean-Claude Juncker.
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