martedì 5 agosto 2014

Responsabilità civile dei giudici 
Obbligo di rivalsa per lo Stato.


Corriere della Sera 05/08/14
Giovanni Bianconi

Ci sono troppe limitazioni all’attuale meccanismo della responsabilità civile dei magistrati, che lo rendono pressoché inapplicabile. Quindi la legge va cambiata, ma tenendo fermo un principio base: impedire l’azione diretta del cittadino che si ritiene danneggiato contro il giudice o il pubblico ministero autori del presunto danno. Due mesi fa la Camera ha approvato, con voto segreto e un cospicuo numero di «franchi tiratori», un emendamento che stabilisce l’esatto contrario, ma il governo insiste nel mantenere questo impianto. L’ipotetica vittima dell’errore derivante da dolo, colpa grave o «inescusabile negligenza» di una toga, potrà fare causa allo Stato e solo successivamente scatterà la rivalsa dell’istituzione sul magistrato.

Le linee guida 
È su questo secondo passaggio che il Guardasigilli Andrea Orlando vuole inserire dei cambiamenti per rendere applicabile la legge varata dopo il referendum che nel 1987 mirava a introdurre la responsabilità civile dei giudici. Il progetto è racchiuso in un elenco di «linee guida» da discutere prima di arrivare al disegno di legge vero e proprio, da ieri consultabile sul sito Internet del ministero del Giustizia. Rispetto alla norma attuale sono previste tre principali novità: l’ampliamento dell’area della responsabilità; il superamento del filtro sull’azione di rivalsa dello Stato, che diventa obbligatoria; l’aumento dell’entità economica della rivalsa, che da un terzo dello stipendio può arrivare fino alla metà. Inoltre si mira ad inserire una più stretta relazione tra responsabilità disciplinare e civile, e la riforma riguarderà non solo i magistrati ordinari ma anche quelli onorari. L’ampliamento immaginato dal ministro Orlando prevede che il «cattivo uso del potere giudiziario» contro cui il cittadino può intentare una causa (allo Stato) comprenda anche le «ipotesi di violazione manifesta delle norme applicate, ovvero il manifesto errore nella rilevazione dei fatti e delle prove». Si tratta di un’enunciazione piuttosto generica, che può cambiare significato a seconda che venga tradotta in nome più o meno stringenti, che potrebbero intaccare il «tabù» dell’interpretazione del diritto e e della valutazione del fatto e delle prove, che attualmente non possono dar luogo a responsabilità del magistrato.

Le altre modifiche
Più chiare e di diretta applicazione le altre modifiche. Dall’eliminazione del filtro esercitato dalle Corti d’appello, che in un quarto di secolo ha pressoché impedito la rivalsa dello Stato su giudici e pm, alla sua obbligatorietà dopo un verdetto che abbia accertato la «negligenza inescusabile» del magistrato come causa del danno subito dal cittadino. Chiaro anche l’aumento da un terzo alla metà dello stipendio della quota massima che il magistrato dovrà restituire in caso di risarcimento dovuto alla condanna.

La riforma del Consiglio 
Con le idee relative alla responsabilità civile, che hanno già suscitato qualche perplessità nell’Associazione nazionale magistrati, Orlando ha colmato (sempre nei limiti delle enunciazioni di principio) sei dei dodici punti in cui si dovrebbe articolare la grande riforma della giustizia annunciata in coppia con il premier il 30 giugno scorso. Restano quelli più delicati e forieri di contrasti: dai mutamenti nel processo penale (a cominciare dalla prescrizione) alle intercettazioni, fino alla riorganizzazione del Consiglio superiore della magistratura sotto vari aspetti: separazione tra chi nomina e chi giudica, nuovo sistema elettorale. Su quest’ultimo punto, entro agosto da Via Arenula dovrebbero riempire la casella di qualche contenuto. L’obiettivo è ridurre il condizionamento delle correnti del Csm (sebbene suoni un po’ paradossale per un dicastero con un sottosegretario magistrato e capo carismatico di una corrente: Cosimo Ferri, già leader di Magistratura indipendente), forse attraverso l’obbligo di elezioni primarie, che potrebbero poi sfociare in una lista unica, comprensiva di tutti i vincitori. Ma una proposta organica e definitiva non è ancora pronta.

La direzione delle carceri
Entro Ferragosto il ministro dovrebbe anche provvedere alla nomina del nuovo capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Dall’inizio dell’estate le carceri sono senza un direttore generale, situazione poco adeguata a un settore sempre sull’orlo della crisi. Nell’ultimo anno il sovraffollamento s’è ridotto di circa 10.000 unità grazie agli interventi messi in campo dal ministro Cancellieri, col precedente governo, proseguiti e integrati da Orlando, arrivando a 54.400 detenuti: una cifra che si sta avvicinando alla soglia «tollerabile», sebbene restino situazioni di forte criticità. Per questo c’è bisogno di una guida certa, che però il Guardasigilli non ha ancora individuato nella rosa di nomi che gli sono stati sottoposti.



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