sabato 30 agosto 2014

La metafora del gelato

Mario Lavia 
Europa  

Renzi ha dato una risposta umana, politica e sottilmente nazionalista all'Economist, dicendo che l'Italia non si lascia prendere in giro
È tipico di un certo modo di essere leader quello di rizzarsi in piedi baldanzoso proprio nel momento di massima difficoltà. In questo senso ieri Renzi ha fatto Renzi, più che mai. In una giornata nata sotto i peggiori auspici – la brutta figura sul rinvio del tema-scuola, i dati Istat sulla deflazione e sulla disoccupazione – il premier è parso caricatissimo, a partire dalla scenetta inedita e non raffinatissima nel cortile di palazzo Chigi.
Come interpretarla, quella gag del gelato in mano per sfottere l’Economist e la sua copertina con Matteo-ragazzino sulla barchetta di carta? Come una replica – umana, politica e chissà se anche sottilmente nazionalistica – a voler dire: l’Italia non si lascia prendere in giro.
È un po’ un suo nervo scoperto, quello della suscettibilità nei confronti dell’Europa supponente che chiede compiti a casa al parente povero. Istintivamente, Renzi non ci sta. Razionalmente, poi, capisce che dopo le scenette quei compiti bisogna farli per davvero e non – come dice lui stesso – perché ce lo chiede l’Europa ma perché la barca (quella vera, non di carta) sembra imbarcare acqua.
Usciamo dalle metafore. Qui la situazione non migliora. Sei mesi non potevano bastare a raddrizzarla, e nessuno lo ha mai chiesto. Ma c’è adesso bisogno di capire dove stiamo andando: questa cosa Renzi, grandissimo comunicatore, non riesce ancora a comunicarla. La riprova è che ha scelto l’andatura del maratoneta (hashtag fortunato, #passodopopasso), segno di una nuova consapevolezza di quanto sia arduo cambiare le cose.
Allora, per dirla in parole semplici: i provvedimenti di ieri vanno bene, anzi benissimo (soprattutto il decreto che dimezzerà l’arretrato della giustizia civile). Speriamo che anche il decreto Sblocca-Italia dia i risultati auspicati, in termini di investimenti, realizzazioni e occupazione. Consideriamo dunque i risultati di ieri un piccolo antipasto di un’azione riformatrice più profonda, che non potrà che vertere su due aspetti di fondo, riforma del lavoro e aggressione alla spesa pubblica.
Dopodomani ci sarà un’altra conferenza stampa del premier sui “mille giorni”, un’agenda riformatrice che dovrebbe avere lo stesso respiro dell’azione di Schroeder alla fine degli anni Novanta in Germania. Se Renzi fornirà un ordito di quella qualità, allora sì che potrà sbeffeggiare chicchessia. Anche senza un gelato in mano.

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