Renzi ha dato una risposta umana, politica e sottilmente
nazionalista all'Economist, dicendo che l'Italia non si lascia prendere
in giro
È tipico di un certo modo di essere leader quello di rizzarsi in
piedi baldanzoso proprio nel momento di massima difficoltà. In questo
senso ieri Renzi ha fatto Renzi, più che mai. In una giornata nata sotto
i peggiori auspici – la brutta figura sul rinvio del tema-scuola, i
dati Istat sulla deflazione e sulla disoccupazione – il premier è parso
caricatissimo, a partire dalla scenetta inedita e non raffinatissima nel
cortile di palazzo Chigi.
Come interpretarla, quella gag del gelato in mano per sfottere
l’Economist e la sua copertina con Matteo-ragazzino sulla barchetta di
carta? Come una replica – umana, politica e chissà se anche sottilmente
nazionalistica – a voler dire: l’Italia non si lascia prendere in giro.
È un po’ un suo nervo scoperto, quello della suscettibilità nei
confronti dell’Europa supponente che chiede compiti a casa al parente
povero. Istintivamente, Renzi non ci sta. Razionalmente, poi, capisce
che dopo le scenette quei compiti bisogna farli per davvero e non – come
dice lui stesso – perché ce lo chiede l’Europa ma perché la barca
(quella vera, non di carta) sembra imbarcare acqua.
Usciamo dalle metafore. Qui la situazione non migliora. Sei mesi non
potevano bastare a raddrizzarla, e nessuno lo ha mai chiesto. Ma c’è
adesso bisogno di capire dove stiamo andando: questa cosa Renzi,
grandissimo comunicatore, non riesce ancora a comunicarla. La riprova è
che ha scelto l’andatura del maratoneta (hashtag fortunato,
#passodopopasso), segno di una nuova consapevolezza di quanto sia arduo
cambiare le cose.
Allora, per dirla in parole semplici: i provvedimenti di ieri vanno
bene, anzi benissimo (soprattutto il decreto che dimezzerà l’arretrato
della giustizia civile). Speriamo che anche il decreto Sblocca-Italia
dia i risultati auspicati, in termini di investimenti, realizzazioni e
occupazione. Consideriamo dunque i risultati di ieri un piccolo
antipasto di un’azione riformatrice più profonda, che non potrà che
vertere su due aspetti di fondo, riforma del lavoro e aggressione alla
spesa pubblica.
Dopodomani ci sarà un’altra conferenza stampa del premier sui “mille
giorni”, un’agenda riformatrice che dovrebbe avere lo stesso respiro
dell’azione di Schroeder alla fine degli anni Novanta in Germania. Se
Renzi fornirà un ordito di quella qualità, allora sì che potrà
sbeffeggiare chicchessia. Anche senza un gelato in mano.
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