Corriere della Sera 24/08/14
Sul Monte Guglielmo c’era anche lui,
il piccolo Giovanni Battista, ad assistere alla festosa inaugurazione
del monumento al Redentore, promosso da un comitato presieduto dal
papà Giorgio Montini. Su quel monumento sono scolpite ora alcune sue
parole pronunciate da Papa, con le quali si auspica che tutto quello
che è bresciano diventi cristiano e viceversa. Paolo VI non ha mai
dimenticato la sua città natale, anche se ha passato la sua vita
attiva fuori Brescia. «Siamo ben convinti di dovere moltissimo
all’ambiente umano, familiare e sociale, che ci accolse, ci
sorresse, ci guidò, accompagnando i nostri passi con la luce
indicatrice di insegnamenti sapienti, con la forza tonificante di
sentimenti magnanimi, con la testimonianza trascinatrice di esempi
memorabili». Sono parole rivolte al consiglio comunale di Brescia al
completo (e interrompendo la presentazione di Francesco Loda
«capogruppo comunista» avvertì «qui sono tutti benvenuti»),
guidato dal sindaco Cesare Trebeschi. Il quale commenterà più
tardi: «Montini ha portato con sé alcune zolle della sua terra
negli inospitali palazzi d’Oltre Tevere, zolle irrigate dalla
nostalgia per amici scomparsi, ma fecondata da esempi pastorali di
fede vissuta nella semplicità, più che da sterili disquisizioni
teologiche». Zolle impregnate anche da quella «solidarietà
operosa» che, da «bresciano in esilio», una volta salito al soglio
di Pietro, proporrà al mondo intero con l’esempio, con la parola,
con il magistero, raggiungendo vertici mirabili e ammirati, come
nella Populorum progressio . Montini, nonostante la fragile salute,
sarà un lavoratore instancabile, con lo stile della sua terra,
caratterizzato dalla concretezza e dalla capacità di innovare.
Perché Papa Montini è stato un sagace e intelligente organizzatore,
capace di incidere e ammodernare strutture secolari, quali la
intoccabile Curia romana e di creare strutture nuove, quali il Sinodo
dei Vescovi. Il suo capolavoro fu la guida della nave del Concilio,
quando sembrava insabbiata in discussioni dispersive, conducendola in
porto e riuscendo, per di più, a ottenere votazioni quasi
plebiscitarie sui più controversi documenti. Ha dimostrato di essere
un leader moderno e lungimirante, circondandosi di collaboratori
validi, più che di comodi esecutori, avendo constatato i pericoli di
una eccessiva centralizzazione nei lunghi anni di servizio alla
Segreteria di Stato, dove confluivano le questiono più spinose, le
ambizioni più pericolose e la dedizione più disinteressata. Se la
sua famiglia l’aveva cresciuto in un clima di vasti interessi
culturali e se l’ambiente educativo della Pace lo aveva orientato a
non accontentarsi di risposte superficiali alle domande più inedite,
la sua città, destinata a diventare un centro dell’editoria
cattolica, gli darà la concretezza di creare gli strumenti necessari
per la sua diffusione. Giovan Battista Montini sarà sempre un
intellettuale con i piedi per terra, un uomo della sua terra che sa
guardare lontano e si propone alte mete, ma che, nello stesso tempo,
valuta le asperità del cammino. Dal movimento cattolico bresciano
aveva appreso il rispetto per la società civile, la comprensione dei
suoi delicati problemi e delle sue difficoltà, l’apprezzamento per
la santa fatica dell’uomo, la sensibilità concreta nei confronti
della situazione dei lavoratori. Un Papa che ha «esportato» il
volto migliore «della terra che ci ha dato i natali e di quella
popolazione generosa e buona, che ha nel Nostro cuore un posto
privilegiato, del quale nessuna vicenda ha potuto né potrà mai
privarla». Che straordinario bresciano questo Papa che ha saputo
pensare in grande e con grande finezza, agire con realismo,
promuovere nella società e nella Chiesa quella «solidarietà
operosa» che è premessa e preludio della civiltà dell’amore, di
cui sentiamo tanto la nostalgia!
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