mercoledì 27 agosto 2014

«Avanti su tagli e risparmi 
ma teniamo conto della crisi».


Corriere della Sera 27/08/14

«L’Europa è a un bivio: o striscia nella deflazione e nella bassa crescita, oppure dà un colpo di reni e riparte, con le riforme strutturali e un consolidamento di bilancio “growth friendly”» dice il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Nel corso dell’estate la crisi che colpisce l’Italia da mesi si è estesa alla zona euro, Francia e Germania comprese, e questi dati «confermano che in Europa c’è un problema di crescita, da affrontare con tutti gli strumenti possibili, e a tutti i livelli di responsabilità, nazionale e comunitaria. La politica europea, compresa quella monetaria, e quelle nazionali, con le riforme strutturali e non solo queste, devono sostenersi e integrarsi a vicenda, per portare la crescita a livelli più elevati. La situazione attuale, peggiore del previsto, non fa piacere a nessuno, però richiama l’attenzione sul fatto che c’è bisogno di un’azione comune. Sono in piena sintonia con il presidente della Banca centrale europea , Mario Draghi».

Lo ha visto anche lei quest’estate?
«No, ci siamo sentiti, come ci sentiamo spesso»

Nel quadro del sistema di sorveglianza europea, le riforme strutturali e il risanamento dei bilanci, andrebbero collegate in modo più stretto? Come interpreta le parole di Draghi?
«Questo è un terreno molto importante, perché è l’approccio delle nuove regole europee, che mettono l’enfasi sulle riforme strutturali e il consolidamento fiscale, due fattori che interagiscono tra di loro. Le riforme richiedono tempo, e magari hanno costi immediati nel breve periodo anche in termini di bilancio, ma le riforme migliorano il bilancio pubblico nel lungo periodo, perché riducono le spese. E poi, e qui mi riferisco a Draghi, in un’area fortemente integrata come la zona euro, se un Paese importante fa le riforme ci sono ricadute pure sui Paesi vicini. Se uno cresce di più perché risolve dei nodi strutturali che fermano la sua economia, questo va a beneficio di tutti. Di questi fatti bisognerebbe tener conto in modo esplicito, bisognerebbe avere una “visione europea” delle strategie di riforma, creando spazio per un maggior coordinamento delle politiche europee».

In aprile il governo ha invocato le «circostanze eccezionali», previste dai Trattati europei, per rinviare il pareggio di bilancio di un anno, dal 2015 al 2016. Le condizioni rispetto ad allora non sono cambiate, anzi.
«Il quadro macro della zona euro è peggiorato rispetto a pochi mesi fa. Sia per quanto riguarda i dati sulla crescita, che per l’inflazione in continua flessione. È un fenomeno che desta preoccupazione, e in particolare non aiuta quei Paesi che hanno un debito alto che deve scendere, come noi. Però le circostanze particolari che l’Italia ha invocato in primavera sono anche altre, e le ribadisco.

Noi siamo fortemente impegnati in un piano di riforme strutturali importanti, che porterà ad un aumento della crescita e dell’occupazione, ma che naturalmente richiede tempo per produrre frutti. Questa circostanza vale per noi e per chiunque in Europa ha la necessità di implementare riforme strutturali».

Si possono ipotizzare tempi ancora più lunghi per il pareggio di bilancio?
«Intanto ribadisco ancora una volta che il vincolo 3% nel rapporto tra il deficit e il Pil sarà assolutamente rispettato. Vedremo poi come i tempi di raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio saranno modulati. Dobbiamo rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil, e quando avremo dati più precisi capiremo quale sarà il cammino verso l’obiettivo. Sicuramente la nostra intenzione è quella di continuare nell’aggiustamento di bilancio».

La legge di Stabilità è alle porte. Il bonus di 80 euro è confermato, ma per il 2015 va coperto. Il Commissario Carlo Cottarelli ha prodotto molti rapporti, ma di tagli se ne vedono pochi...
«Alcuni tagli permanenti sono stati già introdotti con lo stesso decreto sul bonus. La spending review sarà lo strumento guida nella formulazione della legge di Stabilità. Ed è chiaro che andrà coinvolto l’intero governo per identificare obiettivi di risparmio di spesa quantitativi, ma che permettano di preservare l’efficienza dei servizi pubblici. Anche Regioni ed enti locali dovranno essere coinvolti in questo processo».

E quanti tagli servono? Gli obiettivi della spending review sono stati riconsiderati?
«Ci muoviamo intorno alle cifre indicate in aprile col documento di Economia e finanza, ma stiamo entrando solo adesso nella fase di identificazione delle misure. In ogni caso gli obiettivi dei tagli di spesa terranno conto del quadro economico peggiorato».

Si può dire che è politica anche la scelta di non tagliare?
«Certo. È una scelta politica tagliare o no, cosa e come. Tutta la spending review è un’operazione altamente politica: si tratta di individuare le priorità, e in un periodo di risorse limitate. È un’operazione politica valutare se la spesa che si è accumulata nel tempo si debba considerare acquisita o se non si debba ripensare».

Ci sono aree che devono essere sottratte dalla revisione della spesa, come la sanità o l’istruzione?
«Riteniamo che ci siano margini finora largamente non considerati di miglioramento di efficienza in tutta la pubblica amministrazione. In tutti i settori ci sono spazi per risparmiare, non ce n’è uno più spendaccione di un altro».

Senza preclusioni ideologiche, quindi?
«Assolutamente no. Penso che sia un processo di ricerca dell’efficienza, che naturalmente implica anche mettere in discussione posizioni acquisite».

I suoi rapporti con Cottarelli?
«Ottimi, da quando ci conosciamo».

Tensioni con Renzi?
«Favole. Cose che mi annoiano».

Sabato c’è la sfida, Roma-Fiorentina.
«Un regalo già gliel’ho fatto...»

Quale?
«Gli risparmio un pellegrinaggio a Monte Senario. Il problema dei debiti arretrati della pubblica amministrazione di fatto è risolto, e in anticipo rispetto al suo onomastico, il 21 settembre. Il meccanismo dello sconto fatture presso le banche è decollato e sta funzionando molto bene. I fornitori, fin da oggi, possono cedere alle banche il loro credito a condizioni vantaggiose. Ad agosto le imprese sono corse ad presentare le istanze di autocertificazione dei crediti: complessivamente sono quasi 55 mila autocertificazioni, per un importo di circa 6 miliardi. Che si aggiungono ai 26 già pagati con le anticipazioni di tesoreria. Ci aspettiamo che le certificazioni crescano ancora, come i rimborsi».

Partita chiusa, quindi?
«Restano i debiti in conto capitale, che necessitano di una copertura perché impattano sull’indebitamento netto dello Stato. Quest’anno sono 2-300 milioni, l’anno prossimo 2-3 miliardi. Ce ne occuperemo con la legge di Stabilità».

Si faranno i 10 miliardi di privatizzazioni previsti per quest’anno?
«Sicuramente entreranno delle risorse. È un processo avviato, che non va visto con una logica contabile. Gli immobili e alcune partecipazioni vanno valorizzate prima di essere cedute, con azioni di management importanti. Operazioni che richiedono tempo, ma che consentono di mettere sul mercato aziende più efficienti e appetibili».

Ora arriva la Tasi. Non c’è il rischio di un ingorgo dei pagamenti a fine anno? Soldi che se ne vanno in tasse invece che in consumi?
«Il rischio che ci sia un ingolfamento c’è se i sindaci non prenderanno decisioni sulle aliquote nei tempi previsti. Ma sono fiducioso, vedo che i Comuni si stanno muovendo. Quanto al peso delle tasse sulla casa ci tengo a dire una cosa. È sbagliato, come ho letto, fare paragoni tra quest’anno e il 2013. Il confronto giusto va fatto con il 2012, perché l’anno scorso c’erano delle esenzioni “una tantum”, e i dati che abbiamo noi, basati sul gettito effettivo dei Comuni che hanno deliberato le aliquote già nei mesi scorsi, dicono che sulla prima casa, rispetto al 2012, il carico fiscale è mediamente minore, e che rimane sugli stessi livelli per le seconde case e gli altri immobili».

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