giovedì 14 agosto 2014

No al soccorso azzurro, sull’economia il Colle vuole uno sprint


FRANCESCO BEI UMBERTO ROSSO

Il premier chiede all’Europa più flessibilità
A Napolitano: mai al governo con Berlusconi
Scontro sui fondi Ue: “Spesi male, si cambia”

Un incontro per «programmare » il futuro prossimo del Paese. Un «tagliando» di governo, alla boa dei sei mesi, che prende forma nella quiete di Castel Porziano, dove a tu per tu e senza nemmeno i rispettivi consiglieri al fianco (quasi tutti già in ferie), Giorgio Napolitano e Matteo Renzi ne parlano a lungo.

La Thesis del capo del governo varca i cancelli della tenuta dove il presidente della Repubblica è in vacanza attorno alle sette del pomeriggio, colloquio lungo e intenso, tanto che il premier poi si tratterrà anche a cena. Del resto, quasi si scusa Renzi, «signor presidente non ci vediamo da una ventina di giorni, e nel frattempo ne sono successe di cose». Un “silenzio” relativo per la verità, con un canale sempre aperto in questo periodo fra Colle e Palazzo Chigi, con telefonate record fra i due anche di tre quarti d’ora.
Il menù del vertice perciò è ricco di portate: le misure contro la recessione con il premier che vuol mettere mano anche allo Statuto dei lavoratori, le riforme e non solo quella del Senato già approvata ma anche la legge elettorale e la riforma della giustizia, e l’Europa che ci sgrida per i debiti (ed era già stato il piatto forte del vertice segreto fra Renzi e Draghi) mentre torna in salita l’incarico di Lady Pesc per la Mogherini a fine mese a Bruxelles. Sulla giustizia, arriva la prima novità annunciata dal premier: andrà al primo Consiglio dei ministri utile dopo le ferie, il 29 agosto.
La riforma del ministro Orlando si fa dunque “strada” nel pacchetto sblocca-Italia cui finora era dedicata appunto la ripresa dell’attività di governo.
Ma, punto delicato, ecco anche un “check” sulla tenuta e lo stato di salute della maggioranza, alle prese con quel venticello insidioso che soffia da giorni sulla scena politica: il “soccorso azzurro” sull’economia offerto da Berlusconi al governo. Il Patto del Nazareno in salsa anti-recessione però finisce rispedito al mittente. «Se l’openali razione punta a condizionarci e far entrare in fibrillazione la mia maggioranza, Berlusconi si illude: il programma contro la crisi è quello di Palazzo Chigi», stoppa le avances forziste Matteo Renzi. L’inquilino del Colle si muove sulla stessa lunghezza d’onda, «sulle riforme istituzionome è giusto ricercare il consenso più ampio, così come è avvenuto al Senato e come mi auguro avvenga anche sulla legge elettorale e la giustizia, ma la maggioranza politica di governo è un’altra storia ». Insomma, rimettere in circolo l’idea delle larghe intese, dopo che proprio in di una scelta chiara anti-Berlusconi proprio Renzi si è battuto contro i governi Monti e Letta, sarebbe opzione ingestibile. Così, capo dello Stato e premier sono pronti nel rafforzare i paletti politici attorno alla maggioranza politica di Palazzo Chigi, che «non si cambia e va avanti». Nel colloquio a Castel Porziano, “l’incidente” di Renzi con Draghi è rapidamente archiviato. Napolitano, che aveva a sua volta sentito il presidente della Bce, spiega che quella dell’ex governatore è un allarme che riguarda tutta la Ue, e non certo un preannuncio di “commissariamento” dell’Italia, come il premier aveva ad un certo punto sospettato. Ma resta la grande preoccupazione del capo dello Stato sullo stato dei conti e la paura recessione. E da Renzi vuol avere un quadro preciso. Chiede: quali saranno i primi provvedimenti che il governo metterà in campo alla ripresa sul fronte economico e lavoro? Poi: come sarà la legge di Stabilità? E ancora: sarà necessaria, e di che tipo, una manovra aggiuntiva? Renzi apre la sua cartellina. Dentro, le idee già abbozzate da inserire nel decreto Sblocca-Italia, al quale il premier attribuisce un’importanza strategica per rilanciare la produzione industriale italiana e attrarre investimenti stranieri. Come quelli cinesi della Brilliance, che intendono costruire automobili nell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese che Renzi visiterà oggi pomeriggio. «Il capo dello Stato — dirà il premier ai suoi collaboratori alla fine delle tre ore di faccia a faccia — ha voluto sapere soprattutto cosa ci aspetterà in settembre». Il presidente del Consiglio riferisce al capo dello Stato della sua telefonata con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, dei suoi recenti viaggi all’estero a cominciare dalla missione al Cairo.
Ma c’è anche il tema-chiave delle modifiche alla legge elettorale. Ipotesi discusse nell’ultimo faccia a faccia Renzi-Berlusconi a Palazzo Chigi. Napolitano si informa. Il premier riferisce di un «accordo di massima», salvo che il leader forzista si è preso agosto per rifletterci meglio: l’intesa comprende sbarramenti più bassi, preferenze dal secondo candidato ma capoli- sta bloccati, soglia del 40% per evitare il ballottaggio. Poi il premier riferisce della vera novità emersa da quella discussione: l’ipotesi di attribuire il premio al primo partito e non alla coalizione, l’idea che i partiti si presentino “sciolti” al primo turno e procedano agli apparentamenti solo al ballottaggio. Tutte ipotesi per ora che andranno valutate meglio alla ripresa. Come la possibilità di modificare alla Camera la riforma del Senato, quando approderà in seconda lettura a Montecitorio. Il capo dello Stato apprezza i tempi, e la battaglia vinta dal premier contro l’ostruzionismo, anche se ad un certo momento aveva temuto quel muro contro muro. Mettendo in campo la sua moral suasion, suggerendo l’apertura di tavoli paralleli su legge elettorale, contrappesi istituzionali e riforma della giustizia. E tuttavia, nel lungo cammino che ancora aspetta il nuovo Senato, senza snaturarne la sostanza, anche secondo l’inquilino del Colle c’è spazio per qualche aggiustamento. Per esempio sul Titolo V, che non ha sanato del tutto potenziali scontri fra lo Stato e le Regioni. Magari, andando a ripescare le soluzioni che erano state delineate dalla Commissione dei 40, i saggi insediati dal governo Letta, un gruppo «eccezionalmente rappresentativo e autorevole», che nel settembre scorso sfornò una piccola Bibbia per le riforme rimasta però nel cassetto.

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