FRANCESCO BEI UMBERTO ROSSO
Il premier chiede all’Europa più
flessibilità
A Napolitano: mai al governo con
Berlusconi
Scontro sui fondi Ue: “Spesi male, si
cambia”
Un incontro per «programmare » il
futuro prossimo del Paese. Un «tagliando» di governo, alla boa dei
sei mesi, che prende forma nella quiete di Castel Porziano, dove a tu
per tu e senza nemmeno i rispettivi consiglieri al fianco (quasi
tutti già in ferie), Giorgio Napolitano e Matteo Renzi ne parlano a
lungo.
La Thesis del capo del governo varca i
cancelli della tenuta dove il presidente della Repubblica è in
vacanza attorno alle sette del pomeriggio, colloquio lungo e intenso,
tanto che il premier poi si tratterrà anche a cena. Del resto, quasi
si scusa Renzi, «signor presidente non ci vediamo da una ventina di
giorni, e nel frattempo ne sono successe di cose». Un “silenzio”
relativo per la verità, con un canale sempre aperto in questo
periodo fra Colle e Palazzo Chigi, con telefonate record fra i due
anche di tre quarti d’ora.
Il menù del vertice perciò è ricco
di portate: le misure contro la recessione con il premier che vuol
mettere mano anche allo Statuto dei lavoratori, le riforme e non solo
quella del Senato già approvata ma anche la legge elettorale e la
riforma della giustizia, e l’Europa che ci sgrida per i debiti (ed
era già stato il piatto forte del vertice segreto fra Renzi e
Draghi) mentre torna in salita l’incarico di Lady Pesc per la
Mogherini a fine mese a Bruxelles. Sulla giustizia, arriva la prima
novità annunciata dal premier: andrà al primo Consiglio dei
ministri utile dopo le ferie, il 29 agosto.
La riforma del ministro Orlando si fa
dunque “strada” nel pacchetto sblocca-Italia cui finora era
dedicata appunto la ripresa dell’attività di governo.
Ma, punto delicato, ecco anche un
“check” sulla tenuta e lo stato di salute della maggioranza, alle
prese con quel venticello insidioso che soffia da giorni sulla scena
politica: il “soccorso azzurro” sull’economia offerto da
Berlusconi al governo. Il Patto del Nazareno in salsa anti-recessione
però finisce rispedito al mittente. «Se l’openali razione punta a
condizionarci e far entrare in fibrillazione la mia maggioranza,
Berlusconi si illude: il programma contro la crisi è quello di
Palazzo Chigi», stoppa le avances forziste Matteo Renzi. L’inquilino
del Colle si muove sulla stessa lunghezza d’onda, «sulle riforme
istituzionome è giusto ricercare il consenso più ampio, così come
è avvenuto al Senato e come mi auguro avvenga anche sulla legge
elettorale e la giustizia, ma la maggioranza politica di governo è
un’altra storia ». Insomma, rimettere in circolo l’idea delle
larghe intese, dopo che proprio in di una scelta chiara
anti-Berlusconi proprio Renzi si è battuto contro i governi Monti e
Letta, sarebbe opzione ingestibile. Così, capo dello Stato e premier
sono pronti nel rafforzare i paletti politici attorno alla
maggioranza politica di Palazzo Chigi, che «non si cambia e va
avanti». Nel colloquio a Castel Porziano, “l’incidente” di
Renzi con Draghi è rapidamente archiviato. Napolitano, che aveva a
sua volta sentito il presidente della Bce, spiega che quella dell’ex
governatore è un allarme che riguarda tutta la Ue, e non certo un
preannuncio di “commissariamento” dell’Italia, come il premier
aveva ad un certo punto sospettato. Ma resta la grande preoccupazione
del capo dello Stato sullo stato dei conti e la paura recessione. E
da Renzi vuol avere un quadro preciso. Chiede: quali saranno i primi
provvedimenti che il governo metterà in campo alla ripresa sul
fronte economico e lavoro? Poi: come sarà la legge di Stabilità? E
ancora: sarà necessaria, e di che tipo, una manovra aggiuntiva?
Renzi apre la sua cartellina. Dentro, le idee già abbozzate da
inserire nel decreto Sblocca-Italia, al quale il premier attribuisce
un’importanza strategica per rilanciare la produzione industriale
italiana e attrarre investimenti stranieri. Come quelli cinesi della
Brilliance, che intendono costruire automobili nell’ex stabilimento
Fiat di Termini Imerese che Renzi visiterà oggi pomeriggio. «Il
capo dello Stato — dirà il premier ai suoi collaboratori alla fine
delle tre ore di faccia a faccia — ha voluto sapere soprattutto
cosa ci aspetterà in settembre». Il presidente del Consiglio
riferisce al capo dello Stato della sua telefonata con il presidente
degli Stati Uniti Barack Obama, dei suoi recenti viaggi all’estero
a cominciare dalla missione al Cairo.
Ma c’è anche il tema-chiave delle
modifiche alla legge elettorale. Ipotesi discusse nell’ultimo
faccia a faccia Renzi-Berlusconi a Palazzo Chigi. Napolitano si
informa. Il premier riferisce di un «accordo di massima», salvo che
il leader forzista si è preso agosto per rifletterci meglio:
l’intesa comprende sbarramenti più bassi, preferenze dal secondo
candidato ma capoli- sta bloccati, soglia del 40% per evitare il
ballottaggio. Poi il premier riferisce della vera novità emersa da
quella discussione: l’ipotesi di attribuire il premio al primo
partito e non alla coalizione, l’idea che i partiti si presentino
“sciolti” al primo turno e procedano agli apparentamenti solo al
ballottaggio. Tutte ipotesi per ora che andranno valutate meglio alla
ripresa. Come la possibilità di modificare alla Camera la riforma
del Senato, quando approderà in seconda lettura a Montecitorio. Il
capo dello Stato apprezza i tempi, e la battaglia vinta dal premier
contro l’ostruzionismo, anche se ad un certo momento aveva temuto
quel muro contro muro. Mettendo in campo la sua moral suasion,
suggerendo l’apertura di tavoli paralleli su legge elettorale,
contrappesi istituzionali e riforma della giustizia. E tuttavia, nel
lungo cammino che ancora aspetta il nuovo Senato, senza snaturarne la
sostanza, anche secondo l’inquilino del Colle c’è spazio per
qualche aggiustamento. Per esempio sul Titolo V, che non ha sanato
del tutto potenziali scontri fra lo Stato e le Regioni. Magari,
andando a ripescare le soluzioni che erano state delineate dalla
Commissione dei 40, i saggi insediati dal governo Letta, un gruppo
«eccezionalmente rappresentativo e autorevole», che nel settembre
scorso sfornò una piccola Bibbia per le riforme rimasta però nel
cassetto.
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