Il Sole 24 ore 3 agosto 2014
Dopo venti anni, grazie al lavoro dei
parlamentari di tutti i gruppi politici, al contributo della società
civile, all'impegno dei due relatori, Lia Quartapelle e Giorgio
Tonini, il Senato ha approvato l'altro ieri la riforma della
cooperazione allo sviluppo. La gloriosa legge 49/87 va in pensione e
lascia il posto a un'idea di cooperazione più forte e autorevole
politicamente, più efficace nell'azione, più coerente con gli
standard internazionali e più capace di mobilitare risorse europee,
pubbliche e private. Quattro le nuove gambe del "sistema della
cooperazione italiana". Un peso politico accresciuto, grazie a
una cooperazione definita parte "integrante e qualificante"
della politica estera, con un ViceMinistro dedicato, un ruolo
strategico del Ministero degli Esteri e del Parlamento nella
definizione delle policies, un Documento triennale di visione
definito in Consiglio dei Ministri.
Uno sforzo in favore della "coerenza" tra le diverse politiche italiane a dimensione internazionale, per evitare che le politiche ambientali contraddicano gli obiettivi della cooperazione, le norme sull'immigrazione confliggano con i diritti dell'uomo che poi si vogliono tutelare o l'internazionalizzazione delle imprese avvenga a scapito dello sviluppo di chi poi corriamo ad aiutare. A questo penserà un Comitato Interministeriale, un "piccolo consiglio dei ministri della cooperazione", presieduto dal primo ministro, con il compito di coordinare le azioni delle diverse Amministrazioni, i cui fondi saranno resi leggibili e trasparenti in uno specifico "Allegato al Bilancio".
Uno sforzo in favore della "coerenza" tra le diverse politiche italiane a dimensione internazionale, per evitare che le politiche ambientali contraddicano gli obiettivi della cooperazione, le norme sull'immigrazione confliggano con i diritti dell'uomo che poi si vogliono tutelare o l'internazionalizzazione delle imprese avvenga a scapito dello sviluppo di chi poi corriamo ad aiutare. A questo penserà un Comitato Interministeriale, un "piccolo consiglio dei ministri della cooperazione", presieduto dal primo ministro, con il compito di coordinare le azioni delle diverse Amministrazioni, i cui fondi saranno resi leggibili e trasparenti in uno specifico "Allegato al Bilancio".
La vera rivoluzione sarà, però, nella
parte operativa della cooperazione. Innanzitutto, un'Agenzia
specializzata, agile e snella, sarà il "vascello corsaro"
che dovrà attrarre giovani competenze, esperienze innovative e skill
all'altezza di una sfida molto diversa dal tradizionale aiuto
pubblico allo sviluppo. Uno strumento che superi le rigidità
ministeriali che hanno caratterizzato in passato la nostra azione e
si ispiri alle esperienze vincenti delle Agenzie di molti partner
europei, dalla Francia alla Germania al Regno Unito.
Infine, un "braccio finanziario" affidato alla Cassa Depositi e Prestiti, senza alcun aggravio organizzativo né nuova struttura, con il compito di recuperare le risorse europee e internazionali e studiare gli strumenti di "nuova finanza per lo sviluppo" che prevedono forme di combinazione, integrazione e "leverage" tra risorse pubbliche, nazionali e internazionali, e private. Ecco l'ultimo aspetto fondamentale della nostra riforma. Tutte le organizzazioni internazionali, dalle Nazioni Unite all'Ocse, richiamano l'attenzione sulla necessità per l'Agenda dello sviluppo post-millennium goals, di ampliare il concetto del semplice "aiuto". Pur ancora indispensabile nelle situazioni più difficili e non mature, occorre passare a forme nuove che implicano rapporti politici paritari con Paesi oramai in crescita ma anche la capacità di coinvolgere il "mondo profit" da entrambi i lati. Nei paesi destinatari delle risorse, per costruire il loro sviluppo autonomo basato su lavori dignitosi, stabili e rispettosi dei diritti. Da noi, dove il mondo imprenditoriale deve essere accompagnato e aiutato a svolgere il ruolo di "co-promozione dello sviluppo", riconosciutogli a livello internazionale. Non si tratta tanto di sollecitare interventi filantropici. Piuttosto di "ingaggiare" il mondo privato in una vera "alleanza per lo sviluppo" nella quale sono indispensabili non solo le sue risorse economiche ma la capacità di formazione, know how, rischio e creatività che lo contraddistinguono. Sotto questo aspetto diamo nuove opportunità e un'apertura di credito ai nostri imprenditori, grandi e piccoli, riconoscendogli un ruolo nel "sistema della cooperazione", a patto che producano sviluppo per le popolazioni nel rispetto dei diritti umani e dei principi della "responsabilità sociale di impresa". È una sfida che intendiamo vincere, investendo risorse, politiche ed economiche, su un'Italia capace di promuovere una vera "internazionalizzazione" sostenibile, socialmente e ambientalmente.
Infine, un "braccio finanziario" affidato alla Cassa Depositi e Prestiti, senza alcun aggravio organizzativo né nuova struttura, con il compito di recuperare le risorse europee e internazionali e studiare gli strumenti di "nuova finanza per lo sviluppo" che prevedono forme di combinazione, integrazione e "leverage" tra risorse pubbliche, nazionali e internazionali, e private. Ecco l'ultimo aspetto fondamentale della nostra riforma. Tutte le organizzazioni internazionali, dalle Nazioni Unite all'Ocse, richiamano l'attenzione sulla necessità per l'Agenda dello sviluppo post-millennium goals, di ampliare il concetto del semplice "aiuto". Pur ancora indispensabile nelle situazioni più difficili e non mature, occorre passare a forme nuove che implicano rapporti politici paritari con Paesi oramai in crescita ma anche la capacità di coinvolgere il "mondo profit" da entrambi i lati. Nei paesi destinatari delle risorse, per costruire il loro sviluppo autonomo basato su lavori dignitosi, stabili e rispettosi dei diritti. Da noi, dove il mondo imprenditoriale deve essere accompagnato e aiutato a svolgere il ruolo di "co-promozione dello sviluppo", riconosciutogli a livello internazionale. Non si tratta tanto di sollecitare interventi filantropici. Piuttosto di "ingaggiare" il mondo privato in una vera "alleanza per lo sviluppo" nella quale sono indispensabili non solo le sue risorse economiche ma la capacità di formazione, know how, rischio e creatività che lo contraddistinguono. Sotto questo aspetto diamo nuove opportunità e un'apertura di credito ai nostri imprenditori, grandi e piccoli, riconoscendogli un ruolo nel "sistema della cooperazione", a patto che producano sviluppo per le popolazioni nel rispetto dei diritti umani e dei principi della "responsabilità sociale di impresa". È una sfida che intendiamo vincere, investendo risorse, politiche ed economiche, su un'Italia capace di promuovere una vera "internazionalizzazione" sostenibile, socialmente e ambientalmente.
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