martedì 26 agosto 2014

“Nessun populismo, anche il sindacato deve cambiare”


ROBERTO MANIA
La Repubblica - 26/8/14

Paolo Baretta è sottosegretario all’Economia. Per oltre trent’anni è stato prima un militante poi un dirigente sindacale fino a diventare il numero due della Cisl. Ha fatto parte dell’”anima” di sinistra del sindacato di Via Po, dei cosiddetti “carnitiani”, l’area di Pierre Carniti, laici, socialisti, senza collateralismi con la Dc, concentrati nelle categorie dell’industria, in particolare tra i metalmeccanici della Fim, e nelle regioni del nord in una Cisl con baricentro nel pubblico impiego e nel centro-sud. Ora Baretta sta dall’altra parte della barricata: sta nel governo che più di altri considera irrilevante il ruolo dei sindacati, come quello della Confindustria. Ultimo atto: la circolare del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia.
Sottosegretario, ma lei, ex sindacalista, condivide la decisione del governo di cui fa parte?
«Guardi, io credo che una riforma dei distacchi sindacali nel pubblico impiego fosse davvero necessaria. Certo, si poteva fare con un’intesa, ma i tempi sono stati stretti e non è stato possibile».
Perché era necessaria una riforma dei distacchi?
«Perché nel tempo si è progressivamente formata una sovrastruttura sindacale negli uffici pubblici che andava rivista. I compiti importanti che svolgono i sindacati sono però altri: con i Caf e con i patronati. La delega fiscale, per esempio, attribuisce ai Caf il ruolo di interlocutore dei contribuenti per conto dello Stato nell’operazione “730 pre-compilato”».
Resta il fatto che Raffaele Bonanni, che è stato anche il suo segretario generale nella Cisl, parla di operazione “populista e demagogica” sui distacchi nel pubblico impiego.
«Io non ci trovo nulla di populista. Come per gli 80 euro: mi pare che siano popolari, non populisti. Credo che Renzi abbia avviato una competizione positiva non solo nei confronti dei sindacati. Chiede a tutti di cambiare e di farlo in fretta. La risposta sta nella capacità di ciascuno di autoriformarsi. È una sfida sulla capacità di ciascuno di produrre idee».
Lei fa parte della squadra che al ministero dell’Economia dovrà approntare nelle prossime settimane la legge di Stabilità. Il tagli dei distacchi sindacali aiuterà nella ricerca delle risorse?
«Non mi pare che abbia alcun effetto economico rilevante. Incide sulla funzionalità di una parte dell’attività della pubblica amministrazione, non sui conti».
Non era meglio abolire del tutto i distacchi retribuiti nel pubblico impiego e applicare le regole del privato dove i sindacalisti sono pagati dalle rispettive organizzazioni e non dall’azienda?
«Sì, ma con molta gradualità ».
Ma i contratti pubblici saranno bloccati anche per i prossimi anni?
«Non ho mai sentito parlare di questa ipotesi. L’ho letta sui giornali».
Veramente è sostanzialmente scritta nel Def, il Documento di economia e finanza.
«Va letto bene. Comunque, ripeto, è un’ipotesi di cui non ho sentito parlare».
Allora ci saranno i rinnovi?
«Non ho sentito parlare di blocchi».



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