CLAUDIO TITO
La Repubblica - 10/7/14
I miei rapporti con i vescovi? Non
capisco la domanda. Io sono il presidente del Consiglio, loro sono la
Chiesa». Ogni volta che si parla di rapporti tra il governo e le
gerarchie ecclesiastiche, la risposta di Matteo Renzi è sempre la
stessa. Per il premier, i due mondi devono viaggiare su binari
separati.
BASTA ingerenze e basta collateralismi.
Una strategia, in realtà, che ha fatto breccia anche in Vaticano.
Soprattutto con l’avvento di Bergoglio. È quella che ormai anche
nella Curia dell’era Francesco chiamano «neutralità». Una sorta
di principio di reciproca equidistanza. Una assoluta novità. Per i
governi italiani e per il Vaticano.
Basti pensare che oggi, in occasione
della Route nazionale degli Scout, per la prima volta il capo
dell’esecutivo parla a quattr’occhi con il presidente della Cei,
Angelo Bagnasco. In questi cinque mesi non solo non si sono
incontrati, ma non si sono scambiati nemmeno una telefonata. Una
scelta piuttosto netta da parte dell’inquilino di Palazzo Chigi che
per di più rivendica la sua militanza cattolica e in particolare
scoutistica.
Ma c’è un altro aspetto che nelle
sale ovatatte della santa Sede è stato prima valutato e poi
accettato con distacco: la scelta del premier di partecipare al
raduno dell’Agesci e nello stesso quella di disertare lo storico
Meeting di Cl che come sempre si terrà a fine agosto a Rimini.
Così, pure nella vicenda —
potenzialmente spinosa — della nuova normativa sulla fecondazione
eterologa, la linea del premier non è cambiata: «Io sono il
presidente del consiglio, loro sono la Chiesa». Il mondo cattolico,
soprattutto quello più conservatore, premeva per una
regolamentazione in tempi brevi. Un modo — a loro giudizio — per
porre un argine ad una disciplina che risulta urticante. «Ma è
giusto — ha allora ripetuto ieri il premier durante il consiglio
dei ministri — che su questa materia si esprima il Parlamento e non
il governo. È un classico tema bioetico e su questi temi abbiamo
sempre detto che spetta alla Camere intervenire».
Del resto, anche in Vaticano tira tutta
un’altra aria rispetto a un anno fa. La svolta “neutralista”
dell’attuale Pontefice ha di fatto tagliato i ponti con la stagione
«collateralista» nei confronti del centrodestra di Silvio
Berlusconi. Quando, cioè, il fronte che faceva capo a Camillo Ruini
aveva imposto un’alleanza di ferro con lo schieramento dell’ex
Cavaliere nonostante gli scandali. Quella linea è stata archiviata e
ora anche gli interlocutori dell’esecutivo sono cambiati. Una
pagina nuova rispetto a quando il «cattolicesimo adulto » di Prodi
provocava una vera e propria guerra sotterranea tra i vescovi e il
governo italiano.
Ma c’è un episodio, solo
apparentemente secondario, che ha segnato uno spartiacque ed anzi è
stato percepito come una vera “svolta” in Vaticano. Poco meno di
un anno fa, in occasione di un visita in Sardegna, il Papa ha
platealmente snobbato l’allora presidente della Regione, il
forzista Cappellacci, mostrando al contrario una sintonia con il
sindaco di Cagliari, il giovane ma di Sinistra e Libertà, Massimo
Zedda. Un episodio laterale che però nei corridoi di San Pietro si è
rapidamente trasformato in una sorta di campanello d’allarme per la
“vecchia guardia”. L’ultima prova che si era ormai consumato un
cambio di stagione.
Basti poi pensare che il capo dei
vescovi, il “ruiniano” Bagnasco, è sempre più emarginato. Il
Papa ha confermato il suo mandato fino alla scadenza del 2017 ma solo
dopo aver fatto un giro di consultazioni con Monsignor Galantino,
nuovo segretario generale della stessa Conferenza episcopale, e con
il Cardinal Bassetti, che molti indicano come il più probabile
successore alla guida della Cei. E proprio questi due avrebbero
accettato che Bagnasco concluda il quinquennio nella consapevolezza
che il suo potere è stato ormai decisamente circoscritto.
I nuovi interlocutori di Renzi, allora,
sono in primo luogo il Segretario di Stato Parolin e lo stesso
Galantino. Ma si tratta soprattutto di rapporti “istituzionali”.
Anche perché il presidente del consiglio non ha mai coltivato legami
specifici con le gerarchie d’Oltretevere. Un feeling storico c’è
solo con l’attuale vescovo di Spoleto, Renato Boccardo, guida
spirituale degli Scout ed ex segretario generale del Governatorato.
Mentre le sue relazioni sono state pessime con il vescovo di Firenze,
Giuseppe Betori, ex segretario generale della Cei e un tempo molto
vicino al duo Ruini-Bagnasco. Le asprezze tra il vescovo e l’allora
sindaco fiorentino non sono mai mancate anche se poi è intervenuta
una sorta di tregua anche grazie alla proposta fatta da Renzi alla
fine del 2012 di istituire nel capoluogo toscano il cimitero dei
bambini mai nati.
In realtà qualcosa è cambiato pure
nelle alleanze “interne” di Betori. Prendendo atto del nuovo
ciclo, ha allentato le relazioni con Ruini e si è avvicinato in
maniera decisiva alla Curia di Bergoglio. Non a caso di recente il
Pontefice lo ha inserito nella potente Congregazione del Clero e nel
Pontificio consiglio dei laici. E qualcuno inizia a considerarlo
persino una alternativa al cardinal Bassetti per la guida della Cei
nel 2017. In questo senso un passaggio fondamentale si consumerà il
prossimo autunno. Proprio Bassetti scadrà dalla carica di
vicepresidente della Conferenza. E Betori potrebbe scendere in pista
segnando un colpo nella corsa verso la presidenza. Ma la sua
candidatura dovrà comunque prendere atto della «neutralità» del
Vaticano nei confronti della politica italiana.
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