domenica 10 agosto 2014

Il premier da Bagnasco addio al collateralismo

CLAUDIO TITO
La Repubblica - 10/7/14

I miei rapporti con i vescovi? Non capisco la domanda. Io sono il presidente del Consiglio, loro sono la Chiesa». Ogni volta che si parla di rapporti tra il governo e le gerarchie ecclesiastiche, la risposta di Matteo Renzi è sempre la stessa. Per il premier, i due mondi devono viaggiare su binari separati.
BASTA ingerenze e basta collateralismi. Una strategia, in realtà, che ha fatto breccia anche in Vaticano. Soprattutto con l’avvento di Bergoglio. È quella che ormai anche nella Curia dell’era Francesco chiamano «neutralità». Una sorta di principio di reciproca equidistanza. Una assoluta novità. Per i governi italiani e per il Vaticano.
Basti pensare che oggi, in occasione della Route nazionale degli Scout, per la prima volta il capo dell’esecutivo parla a quattr’occhi con il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. In questi cinque mesi non solo non si sono incontrati, ma non si sono scambiati nemmeno una telefonata. Una scelta piuttosto netta da parte dell’inquilino di Palazzo Chigi che per di più rivendica la sua militanza cattolica e in particolare scoutistica.
Ma c’è un altro aspetto che nelle sale ovatatte della santa Sede è stato prima valutato e poi accettato con distacco: la scelta del premier di partecipare al raduno dell’Agesci e nello stesso quella di disertare lo storico Meeting di Cl che come sempre si terrà a fine agosto a Rimini.
Così, pure nella vicenda — potenzialmente spinosa — della nuova normativa sulla fecondazione eterologa, la linea del premier non è cambiata: «Io sono il presidente del consiglio, loro sono la Chiesa». Il mondo cattolico, soprattutto quello più conservatore, premeva per una regolamentazione in tempi brevi. Un modo — a loro giudizio — per porre un argine ad una disciplina che risulta urticante. «Ma è giusto — ha allora ripetuto ieri il premier durante il consiglio dei ministri — che su questa materia si esprima il Parlamento e non il governo. È un classico tema bioetico e su questi temi abbiamo sempre detto che spetta alla Camere intervenire».
Del resto, anche in Vaticano tira tutta un’altra aria rispetto a un anno fa. La svolta “neutralista” dell’attuale Pontefice ha di fatto tagliato i ponti con la stagione «collateralista» nei confronti del centrodestra di Silvio Berlusconi. Quando, cioè, il fronte che faceva capo a Camillo Ruini aveva imposto un’alleanza di ferro con lo schieramento dell’ex Cavaliere nonostante gli scandali. Quella linea è stata archiviata e ora anche gli interlocutori dell’esecutivo sono cambiati. Una pagina nuova rispetto a quando il «cattolicesimo adulto » di Prodi provocava una vera e propria guerra sotterranea tra i vescovi e il governo italiano.
Ma c’è un episodio, solo apparentemente secondario, che ha segnato uno spartiacque ed anzi è stato percepito come una vera “svolta” in Vaticano. Poco meno di un anno fa, in occasione di un visita in Sardegna, il Papa ha platealmente snobbato l’allora presidente della Regione, il forzista Cappellacci, mostrando al contrario una sintonia con il sindaco di Cagliari, il giovane ma di Sinistra e Libertà, Massimo Zedda. Un episodio laterale che però nei corridoi di San Pietro si è rapidamente trasformato in una sorta di campanello d’allarme per la “vecchia guardia”. L’ultima prova che si era ormai consumato un cambio di stagione.
Basti poi pensare che il capo dei vescovi, il “ruiniano” Bagnasco, è sempre più emarginato. Il Papa ha confermato il suo mandato fino alla scadenza del 2017 ma solo dopo aver fatto un giro di consultazioni con Monsignor Galantino, nuovo segretario generale della stessa Conferenza episcopale, e con il Cardinal Bassetti, che molti indicano come il più probabile successore alla guida della Cei. E proprio questi due avrebbero accettato che Bagnasco concluda il quinquennio nella consapevolezza che il suo potere è stato ormai decisamente circoscritto.
I nuovi interlocutori di Renzi, allora, sono in primo luogo il Segretario di Stato Parolin e lo stesso Galantino. Ma si tratta soprattutto di rapporti “istituzionali”. Anche perché il presidente del consiglio non ha mai coltivato legami specifici con le gerarchie d’Oltretevere. Un feeling storico c’è solo con l’attuale vescovo di Spoleto, Renato Boccardo, guida spirituale degli Scout ed ex segretario generale del Governatorato. Mentre le sue relazioni sono state pessime con il vescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ex segretario generale della Cei e un tempo molto vicino al duo Ruini-Bagnasco. Le asprezze tra il vescovo e l’allora sindaco fiorentino non sono mai mancate anche se poi è intervenuta una sorta di tregua anche grazie alla proposta fatta da Renzi alla fine del 2012 di istituire nel capoluogo toscano il cimitero dei bambini mai nati.
In realtà qualcosa è cambiato pure nelle alleanze “interne” di Betori. Prendendo atto del nuovo ciclo, ha allentato le relazioni con Ruini e si è avvicinato in maniera decisiva alla Curia di Bergoglio. Non a caso di recente il Pontefice lo ha inserito nella potente Congregazione del Clero e nel Pontificio consiglio dei laici. E qualcuno inizia a considerarlo persino una alternativa al cardinal Bassetti per la guida della Cei nel 2017. In questo senso un passaggio fondamentale si consumerà il prossimo autunno. Proprio Bassetti scadrà dalla carica di vicepresidente della Conferenza. E Betori potrebbe scendere in pista segnando un colpo nella corsa verso la presidenza. Ma la sua candidatura dovrà comunque prendere atto della «neutralità» del Vaticano nei confronti della politica italiana.



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