Franco Gheza
La più grande associazione italiana,
per numero di iscritti, è quella del sindacato dei lavoratori. La
più grande anche in Europa. Storicamente ha rappresentato un fiume
di partecipazione per dare dignità al lavoro e per difendere la
democrazia. Come ha fatto durante gli anni di piombo. Ma quando,
oggi, i giovani iscritti al sindacato sono solo una esigua minoranza
bisogna riconoscere che la crisi della partecipazione ha colpito non
solo la politica, ma anche il sindacato. Quale è il peso specifico
della rappresentanza sindacale? Ne tratta l’ultimo accordo
interconfederale del 10 gennaio scorso, perché il numero delle
tessere sindacali fornito dalle Confederazioni non era sempre
attendibile. E perché il numero dei sindacati in Italia, come il
numero delle Congregazioni religiose femminili, non lo conosce
neppure il Padreterno. I mille e cinquecento dipendenti della Camera
dei deputati hanno a disposizione un ventaglio di undici sindacati
diversi. In Germania tutto è più semplice. L’intero mondo del
lavoro produce otto sindacati unitari di categoria che, a loro volta,
danno vita ad una sola grande Confederazione tedesca, la DGB.
Inoltre, le norme che regolano i sindacati sono contenute nella
Costituzione e in due sole leggi, quella sulla partecipazione nelle
imprese e quella sulla contrattazione collettiva. Per tutto il resto
il sindacato funziona come una normale associazione di diritto
privato. In ogni reparto i “fiduciari” raccolgono il contributo
degli iscritti e, tramite la rappresentanza sindacale, partecipano
alle decisioni. Da loro il Consiglio di fabbrica funziona come un
consiglio di gestione. Anche da noi, nel dopoguerra, ha funzionato il
sistema duale delle Commissioni interne e delle Rappresentanze
sindacali unitarie. I “collettori” raccoglievano mensilmente il
contributo sindacale e animavano la vita associativa, mentre le
Commissioni interne venivano elette da tutti i lavoratori e
difendevano i diritti di tutti. Ma dopo gli anni cruciali del 1948 e
del 1968 l’ideologia e il pluralismo sindacale hanno prodotto
continui cambiamenti e una notevole complessità. E ora siamo
arrivati al nodo della riforma della partecipazione e della
rappresentanza nei luoghi di lavoro. Tuttavia le norme contenute nel
Testo unico degli accordi interconfederali (giugno 2011 e maggio
2013) non sembrano brillare di grande lungimiranza. Anzi, per quanto
riguarda il capitolo della rappresentanza sindacale si pratica una
sorta di cogestione all’italiana. Non è il sindacato infatti che
conta i propri iscritti, che raccogliere il contributo della tessera,
che garantisce in questo modo la propria autonomia associativa. No,
le nostre Confederazioni sindacali affidano ai datori di lavoro,
all’INPS e al CNEL la raccolta delle deleghe, delle trattenute in
busta paga, del conteggio delle elezioni sindacali in fabbrica. Il
testo è bilingue: politichese e sindacalese. Un esempio: “I dati
raccolti dall’INPS saranno trasmessi al CNEL che li pondererà con
i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle R.S.U. da
rinnovare ogni tre anni”. Non sappiamo che fine farà il CNEL, ma a
pagina 6 del Testo unico si continua: “Entro il mese di aprile il
CNEL provvederà alla ponderazione del dato elettorale con il dato
associativo – con riferimento ad ogni singolo c.c.n.l. –
determinando la media semplice fra la percentuale degli iscritti
(sulla totalità degli iscritti) e la percentuale dei voti ottenuti
nelle elezioni r.s.u. sul totale dei votanti, quindi, con un peso del
50% per ciascuno dei due dati”. Le regole sulla rappresentanza
hanno uno scopo nobile: verificare quale sia il sindacato che
raggiunge la maggioranza del 50% più 1, oppure la maggioranza
relativa, oppure la soglia del 5% sotto la quale i piccoli ma …
fastidiosi Sindacati di base devono star fuori dai tavoli della
contrattazione. Ma il punto più delicato per la legittimazione del
sindacato riguarda la libera scelta e la responsabile adesione dei
lavoratori. Questo fondamento o, se si vuole, questa base della
coscienza di classe si alimenta con l’interazione personale, tra
compagni di lavoro, come continuano a fare i “fiduciari” in
Germania e come facevano i “collettori” in Italia prima che
arrivasse lo statuto dei lavoratori. Nelle fasi ideali del sindacato
non era raro trovare uomini che, pur ricoprendo ruoli delicati di
dirigenza aziendale, praticassero l’adesione alla causa dei
compagni di lavoro versando la quota tessera direttamente presso la
sede del sindacato. Oggi la delega la rileva il datore di lavoro e
viene riscossa tramite l’INPS. Per tornare alle motivazioni ideali
e agli autentici interessi dei lavoratori non bisognerebbe avere
paura di adesioni al sindacato che scadono automaticamente ogni anno
e che liberamente si rinnovano, oppure che scadono e si rinnovano
almeno ad ogni firma del contratto nazionale di lavoro.
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