In passato serviva a studiare i rapporti di forza nel partito e fra
i partiti. Tema ora inesistente. A Bologna vedremo alla prova un gruppo
dirigente atteso a un impegno terribile
Matteo Renzi ha imposto i “mille giorni” come tormentone dei dibattiti della Festa di Bologna, conferma del frame
nel quale vorrebbe inscrivere tutta la dinamica politica dei prossimi
tre anni. Nessuna velleità di precipitazioni elettorali. Nessun bisogno
di colpi a effetto e a pronta presa. Stabilità di governo e di
maggioranza (o meglio: maggioranze, considerando quella per le riforme
istituzionali). Completamento delle modifiche alla Costituzione. E
ovviamente, dettaglio che non guasta, la possibilità d’ora in poi di
sfuggire all’urgenza di rispettare le strettissime scadenze che da
neopremier si era dato appena incaricato.
Il quadro politico nazionale lavora tutto per Renzi, comprese le
opposizioni. Berlusconi è ormai all’appoggio esterno. Cinquestelle si
consuma con mosse individuali e di gruppo clamorosamente
autolesionistiche. La Lega sarebbe tornata dura e pura, se dietro alle
sparate di Salvini non si indovinassero violente tensioni interne.
Renzi ha davanti a sé, con cui fare i conti, “solo” la crisi
italiana. Cioè un autentico dramma, che però ha scelto consapevolmente
di affrontare. Se non riuscirà a prevalere non potrà darne la colpa ad
avversari politici interni o esterni al Pd, visto che in pochi mesi li
ha fatti fuori tutti. La nomina di Federica Mogherini nell’incarico
voluto per lei fin dal primo giorno dirà che anche in Europa Renzi non
le ha forse fatte tutte giuste (e deve ancora portare a casa risultati
su flessibilità e immigrazione), ma che ironie e sarcasmi sono stati
prematuri: l’Italia conta più di prima, e tra tanti premier azzoppati il
nostro è considerato in salute, perfino un punto di riferimento.
Detto di alcune condizioni favorevoli, è ovvio che tirare l’Italia
fuori dalla secca della recessione rimane impresa improba. Farcela o no,
non dipenderà solo dall’efficacia e rapidità delle misure elaborate tra
palazzo Chigi e ministero dell’Economia, né dalle mosse della Bce, né
dal coinvolgimento di imprese e lavoratori. La prova del fuoco toccherà
anche a tanti altri nel governo, nelle amministrazioni e nel Pd,
postazioni dove in un anno c’è stato un ricambio quasi integrale.
In passato la Festa nazionale era il luogo dove studiare le alchimie
dei rapporti fra i partiti e all’interno del partito: tema adesso
praticamente inesistente. Quest’anno sarà molto più interessante
misurare la maturità di una nuova generazione scaraventata in poco tempo
nel compito più difficile, dovendo vincere i propri limiti e diffidenze
non sempre immotivate.
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