Corriere della Sera 14/10/14
corriere.it
Bisogna chiedersi quale sia la logica
degli annunci che Matteo Renzi ha fatto ieri davanti agli industriali
riuniti a Bergamo; e confrontare le sue parole con i segnali che
arrivano da Bankitalia e dalla Commissione europea. Dire, come ha
fatto il presidente del Consiglio, che il patto di Stabilità «è
stupido», e viene rispettato solo per un problema di credibilità
italiana; sostenere che la manovra sarà di 30 e non più di 23
miliardi di euro; che ne taglierà 18 di tasse; e che ci sarà una
spending review mai vista, da 16 miliardi: tutto questo sembra
preludere ad una sfida ai vincoli dell’Ue. È come se Renzi sapesse
che Bruxelles potrebbe respingere la richiesta italiana sul rinvio
del pareggio di bilancio; e agisse per scongiurarlo. La sua risposta
tende ad alzare il tiro facendo capire che, in caso di scontro, la
legge di Stabilità assumerebbe contorni tali da ignorare il tetto
del 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Al fondo di questa
impostazione si indovina la scommessa, non si capisce quanto fondata,
che la Commissione alla fine possa rinunciare a sanzionare l’Italia.
Nelle settimane scorse, la strategia è stata proprio quella di
ostentare carte in regola, riforme radicali in marcia, e
determinazione a non fermarsi. E ancora ieri, il ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha smentito qualunque trattativa
sottotraccia con le istituzioni europee. Tesi confermata da Jyrki
Katainen, commissario agli Affari economici, «falco» del rigore,
che aspetta di vedere la legge di Stabilità italiana. Nei giorni
scorsi Renzi avrebbe avuto un contatto telefonico con Jean-Claude
Juncker, presidente della Commissione che si insedierà a novembre,
dai toni agrodolci. Il fatto che la Francia abbia già detto di non
voler rispettare il «tetto» del 3 per cento, in apparenza rafforza
la posizione italiana: se non altro perché il governo di Roma rimane
ancora sotto quel limite, seppure di pochissimo. Il problema è che
con un deficit publico tra il 131 e il 137 per cento, a seconda dei
calcoli, Renzi rischia di sfidare non soltanto l’Ue, ma i mercati
finanziari. Le parole così caute da evocare un allarme larvato,
pronunciate ieri dai vertici di Bankitalia, sembrano quasi un altolà.
A un Renzi che poche settimane fa aveva rivendicato, giustamente,
l’abbassamento dello spread (la differenza tra il rendimento dei
titoli di Stato decennali italiani e tedeschi), Bankitalia raccomanda
prudenza. Fa capire che il differenziale probabilmente risalirà nel
2015, e che comunque l’evoluzione sarà segnata da «ampi margini
di incertezza». E sulla stessa riforma del mercato del lavoro, il
Jobs act , si insinua qualche dubbio sulla possibilità del sistema
di trovare risorse per gli ammortizzatori sociali. Insomma, si
ripropone il tema della copertura finanziaria dei provvedimenti. La
forza elettorale di Renzi, tuttavia, rimane un vantaggio. E lo
spettro di Grillo e del suo populismo è un’ottima ragione per
chiedere alla Ue maggiore ascolto delle ragioni italiane.
Nessun commento:
Posta un commento