Corriere della Sera 15/10/14
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Benvenuto nella casta, Beppe.
All’imbocco di via Brigata Liguria un signore che sta spalando il
fango fuori dalla sua stamperia lo vede arrivare. E subito, da
lontano, gli rivolge un caloroso invito a non rompere i cosiddetti.
Torna subito nella tua casa da ricco, è la seconda e ultima frase
che gli rivolge prima di rientrare nel suo negozio.
A quel punto
sarebbe stato ancora possibile tornare indietro. La passeggiata era
appena cominciata, si capiva da giorni che non era aria, per nessuno.
Invece Beppe Grillo rivolge uno sguardo stupito all’uomo, come se
le parole appena ascoltate fossero fuori luogo come una bestemmia in
chiesa. «Sei sicuro che diceva a me?» chiede a uno dei quattro
accompagnatori che lo seguono da vicino, quattro armadi che si
comportano come se dovessero dimostrare di essere l’anello di
congiunzione tra i Sopranos e la nazionale di body building lituana.
Il più grande alza le spalle. Non ci fare caso, gli dice. Entrano in
piazza Vittoria, dove dieci mesi fa è andato in scena il terzo e
ormai dimenticato V-day. Molto traffico, altrettanta polvere
sollevata dal fango secco, poca gente. Tornano subito sui loro passi,
inseguiti dalle voci di due donne che quasi in coro gli dicono una
verità. «È troppo tardi».
La fermata seguente è al museo di
Scienze naturali, il punto di raccolta e ristoro dei volontari che da
cinque giorni aiutano, e che aiuto, a ripulire la città. Ed è qui,
tra i gradini dell’ingresso e il marciapiede, che la trasformazione
di Grillo si compie in modo definitivo, all’insaputa del diretto
interessato. «Pagliaccio», «Spala invece di parlare», «Non puoi
venire qui a fare il tuo spettacolo». Il catalogo è questo. A
essere sinceri tra i ragazzi presenti l’indifferenza prevale sugli
insulti. La maggior parte di loro vede l’ospite illustre,
impossibile non notarlo, e tira dritto alla ricerca di un panino o di
una bottiglietta d’acqua prima di rimettersi al lavoro. Al massimo
qualche commento su «questi politici» che vengono qui solo per
farsi vedere, le solite cose.
Grillo ci resta male. Ma
l’espressione di sincera sorpresa diventa smarrimento quando
dall’alto dei gradini Gabriele Zanier, un ragazzo di Chiavari lo
prende di petto. «Vieni qua, ti metti un po’ di fango addosso, ti
fai fare un po’ di foto». Il fondatore di M5S era e resta un uomo
di spettacolo. Sa come reagire ai fuori programma. Ma questa non se
l’aspettava. La replica è quasi banale. La butta su Renzi,
diteglielo a lui di andare a spalare, noi e voi siamo dalla stessa
parte.
A peggiorare una scena già imbarazzante c’è il
comportamento delle guardie del corpo, che magari non sono tali, come
sostiene il capo in un messaggio sul blog, ma questo facevano. Molto,
troppo aggressivo. Uno di loro si avvicina a Gabriele. Gli rimprovera
di cercare le telecamere. «Quello voleva solo farsi pubblicità»
dice. Si chiama Daniele Tizzanini, fa parte di un meet-up genovese.
Racconta di avere avuto qualche piccolo problema con la giustizia. In
effetti. Una condanna per spaccio di droga. Una condanna per
l’assalto a un pullman di tifosi del Verona. «Adesso però devo
andare, c’è Beppe che mi mette fretta». La rapida risalita del
gruppo sugli scooter parcheggiati a poca distanza somiglia a una
ritirata.
La contestazione non è una sorpresa. La vera notizia
è lui, Beppe Grillo, la sua allarmante incapacità di capire la
rabbia della città dove è cresciuto e dove vive. Questa giornata
genovese, destinata a bruciargli a lungo, dimostra che sono lontani i
tempi in cui era considerato «altro». «Avremmo fatto lo stesso con
Berlusconi e Renzi» dicono i volontari. L’ultima tappa è Borgo
Incrociati, il quartiere più colpito. A momenti non scende dallo
scooter. Quando erano in difficoltà i vecchi politici se la
prendevano con i giornalisti. Grillo ci prova. Insulta, invita a
criticare loro. Non si accorge che sta parlando a vuoto, intorno a
lui ci sono solo giornalisti.
Fa cenno di andare. Meglio
chiuderla qui.
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