Se oggi la corte d'assiste di Palermo ammetterà Riina e Bagarella
all'audizione in Quirinale sulla presunta trattativa stato-mafia, la
trappola sarà completa. E i pm, un giornale e un partito politico
potranno provare a umiliare Napolitano.
È una tecnica nota. Nelle risse di strada, però, più
che nelle aule di tribunale. Uno ti provoca, un altro ti acchiappa e ti
tiene stretto, il terzo ti picchia. È molto difficile uscirne bene. E
questa è esattamente la prospettiva per il presidente della repubblica,
se oggi la corte d’assiste di Palermo deciderà di aggregarsi alla
compagnia che l’ha messo in mezzo, ammettendo quindi i boss mafiosi
all’audizione del 28 ottobre in Quirinale.
Comunque vada, per quanto Napolitano non abbia che da ribadire cose
note e irrilevanti ai fini processuali, peraltro entro limiti
rigorosamente fissati dalla Corte costituzionale, la più alta autorità
dello Stato non può che uscire umiliata dalla compresenza di criminali
come Riina e Bagarella, messi in condizione di recitare un ruolo attivo
per il tramite dei loro avvocati.
La corte d’assise ha qualche margine di discrezionalità nella
decisione odierna, ma neanche molti. L’ammissione degli imputati è
l’ipotesi più probabile, nonostante sia anche la più estrema,
incredibile, perfino drammatica per l’onore della Repubblica. Questa è
la conseguenza di un apparato processuale sbagliato fin dall’inizio
(generato del resto dalle prime clamorose e bugiardissime rivelazioni di
Massimo Ciancimino), tenuto in piedi da pubblici ministeri che quando
non hanno costruito sulla storia della trattativa stato-mafia carriere
politiche peraltro fallimentari (Ingroia), hanno comunque un esplicito
contenzioso aperto col capo dello stato anche nella sua veste di
presidente del Csm.
Questa pubblica accusa tiene Napolitano fermo in posizione difficile
in un processo che non dovrebbe riguardarlo. Altri intanto lo picchiano.
Innanzi tutto sulle colonne del Fatto quotidiano, che questa
vicenda ha alimentato e ne viene alimentato nel suo bisogno di trame,
complotti e mitologie varie. O dal blog di Beppe Grillo, che ieri si
calava nella parte del bullo da strada: quella di Napolitano per Grillo è
già «una misera figura istituzionale», anzi il presidente in udienza
correrebbe addirittura il rischio di imputazione per falsa
testimonianza.
Follie. Inquinamento politico conclamato. Sbalordisce che la
magistratura, organo costituzionale, possa farsi strumento di una così
smaccata operazione di delegittimazione del più alto tutore della
Costituzione stessa. La verità è che, molto più che l’onore di
Napolitano, qui finirà in gioco l’onore di chi lo coinvolge.
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