La Repubblica 6/10/14
PAOLO RODARI
L’INTERVISTA / IL TEDESCO KASPER
«Piaccia o meno, il tema principale
del Sinodo sulla famiglia non è la questione della comunione ai
divorziati risposati o altre questioni che molto stanno a cuore più
che altro a noi europei e occidentali, quanto quale visione di Chiesa
avere di qui in avanti. Mi sembra chiaro che per il Papa ciò che più
conta, prima delle soluzioni che sulle singole questioni il Sinodo
stesso saprà trovare, è che attraverso l’incontro di questi
giorni la comunità ecclesiale sappia esprimere una sua effettiva
sinodalità, e cioè un ascolto sereno e costruttivo di tutte le
voci».
Ventiquattro ore prima dell’inizio
vero e proprio dei lavori del Sinodo dei vescovi, il cardinale
tedesco Walter Kasper si sta preparando per il suo intervento che
avverrà già quest’oggi, dopo che il cardinale relatore,
l’ungherese Péter Erdö, pronuncerà (per volere di Francesco per
la prima volta non in latino, bensì in italiano) la sua Relatio ante
disceptationem.
Eminenza, sinodalità è termine che
amplifica quello di Sinodo, combinazione di due parole greche: syn
(con, insieme) e odòs (strada, cammino), cioè un cammino da
compiere insieme. Il Concilio ha unito questa immagine a quella del
popolo di Dio. La Chiesa è un popolo che camuna mina insieme nella
storia, per essere segno del regno di Dio offerto a tutta l’umanità.
Riuscirete da domani a camminare insieme?
«Non ho dubbi in merito. Anche sulle
questioni più delicate e difficili da affrontare vogliamo percorrere
una strada all’insegna del confronto e dell’unità. E sono sicuro
che troveremo un punto di sintesi e consenso su ogni tematica. Tutto
il pontificato, del resto, è sotto il segno della sinodalità, in
scia a quanto già il Concilio Vaticano II aveva prospettato: un
cammino fatto insieme per arrivare a un discernimento sulle varie
problematiche, che altro non è che la ricerca della volontà di Dio
attraverso una consultazione frequente e paziente».
Giovanni XXIII spiegò che il progetto
del Concilio non maturò in lui «come il frutto di prolungata
meditazione, ma come il fiore spontaneo di una primavera insperata».
Anche il Sinodo sembra non avere un progetto predeterminato a
tavolino. Questa, almeno, sembra essere l’intenzione di Francesco.
Perché?
«Credo che il Papa voglia anzitutto ascoltare e capire cosa
la Chiesa, il popolo di Dio, dice e pensa in merito alla famiglia. E,
quindi, dopo un’ulteriore e ampia consultazione che sarà di nuovo
svolta all’interno di tutte le diocesi del mondo, tirare le fila.
Del resto così faceva la Chiesa degli inizi. Non c’è pagina de-
gli Atti degli apostoli in cui non si parli dell’azione ecclesiale
dello Spirito Santo. Anche noi oggi vogliamo metterci in ascolto dei
suggerimenti dello Spirito. È questa la nostra prima e più
importante azione».
Diceva che l’offrire l’eucaristia
ai divorziati risposati non è il tema principale del Sinodo. Eppure,
in merito, diversi cardinali hanno voluto dire preventivamente la
loro nelle settimane scorse, anche in risposta alla sua relazione
allo scorso concistoro in cui apriva alla possibilità, dopo un
periodo di penitenza, di dare la comunione agli stessi divorziati.
«Ciò che penso in merito è noto. Non
sono un ingenuo. So che alcuni cardinali sul tema non la pensano come
me. Ma giudico il loro intervento utile alla costruzione di una
sintesi comune. Codella munque mi sta a cuore dire che la Chiesa non
è soltanto l’Europa con le sue problematiche. Il centro della
Chiesa è nelle sue periferie, ci insegna Francesco. Le priorità dei
fedeli in Africa ed in Asia, ad esempio, sono ben altre delle nostre.
In questi giorni avremo davvero l’occasione tutti di alzare lo
sguardo».
Ieri il cardinale Christoph Schönborn,
arcivescovo di Vienna, ha chiesto «da figlio di divorziati» più
attenzione per le sofferenze dei figli degli stessi separati. Cosa
pensa in merito?
«Penso che abbia ragione. E io
amplierei ulteriormente lo sguardo. Le ferite delle famiglie oggi non
riguardano soltanto i genitori. Le lacerazioni colpiscono i figli e
io direi anche i nonni. Se soffrono due persone purtroppo soffrono
tutti coloro che stanno loro attorno. Una Chiesa misericordia deve
avere la capacità di cogliere e fare proprie queste sofferenze».
Sempre ieri Francesco ha fatto un
richiamo molto forte quando ha detto che «le assemblee sinodali non
servono per discutere idee belle e originali, o per vedere chi è più
intelligente». E, insieme, ha ricordato come spesso «i cattivi
pastori caricano sulle spalle della gente pesi insopportabili che
loro non muovono neppure con un dito». A chi voleva parlare?
«Il richiamo credo sia anzitutto
rivolto a noi padri sinodali perché non ci smarriamo in discussioni
accademiche inerenti la dottrina perdendo di vista la necessità che
il messaggio di amore di Cristo s’incarni nella vita di tutti,
degli uomini con i loro pregi e difetti, gioie e sofferenze.
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