Alla fine del suo mandato Barroso mette l'Italia sotto la lente. E
Renzi gioca la sua battaglia come col senato, le Regioni, i professoroni
Agli sgoccioli della sua decennale presidenza della
Commissione europea Josè Barroso ha deciso di non fare sconti all’Italia
e di svolgere quel ruolo da protagonista che in questi 10 anni
purtroppo ha mancato spesso e volentieri.
Lui s’inalbera con chi dice che si stia esibendo in questo ultimo
tango con un occhio alla sua rentrée politica in Portogallo. Ma è del
tutto naturale che Renzi guardi non a Barroso ma a Juncker, come
l’interlocutore con cui fare seriamente i conti. Dietrologie a parte,
resta il fatto che con la lettera di ieri il vertice uscente della
Commissione segnala al governo italiano una pesante criticità, ed è a
questo che bisognerà rispondere. E nessuno dubita che il governo, con
l’accurata regia di Padoan, saprà dire la sua nel merito dei problemi.
Pubblicamente.
Perché è chiaro che quella tra Bruxelles e Roma è una partita ormai
squadernata. E delicata per tutti. Per la buona ragione che scatenare un
conflitto con l’Italia potrebbe far riesplodere turbolenze sui mercati.
Ma Barroso ha voluto comunque mettere sotto la lente l’Italia,
l’Austria, e anche quella Francia che i Trattati ha deciso di violarli
alla grande.
Ora, può benissimo darsi che la lettera brussellese divulgata ieri
avrà una replica e la cosa potrà chiudersi lì. L’impressione però è che
ormai Renzi voglia fare con l’Ue quello che in vario modo ha fatto con
il senato, i professoroni, il Pd, le Regioni: affrontare tutti senza
complessi di inferiorità. Si è capito che la sua tattica è sempre
questa: più è attaccato più alza la voce. Colpendo duro.
Con i senatori ha fatto così: e la riforma è passata proprio a
palazzo Madama. Così con i partiti: e si sta verificando con un certo
ottimismo (vedi Berlusconi di ieri) l’intesa con Forza Italia sulle
riforme. Così col suo partito, il Pd: e la minoranza è andata in
difficoltà. Così con le Regioni: e la notizia è che si sta mediando
positivamente.
Vedremo con l’Europa se riuscirà a rovesciare un rapporto finora
subalterno. Se riuscirà a svecchiare modalità, procedure, ritualità e
anche contenuti. È una proiezione della sua aggressiva battaglia
“italiana”.
È una linea, questa del premier, non un omaggio al suo esprit fiorentino. Rischiosa, ma forse è l’unica.
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