Corriere della Sera 19/10/14
G. G. V.
Ha ascoltato per due settimane e ora
prende la parola lui. «Parliamo un po’ del Papa, adesso, in
rapporto con i vescovi... Dunque, il compito del Papa è di garantire
l’unità della Chiesa, di ricordare ai pastori che il loro primo
dovere è nutrire il gregge che il Signore ha loro affidato e di
cercare di accogliere — con paternità e misericordia e senza false
paure — le pecorelle smarrite. Ho sbagliato, qui, ho detto
accogliere: andare a trovarle, piuttosto». È il tardo pomeriggio
quando Francesco interviene al termine del Sinodo. I 183 padri
presenti (su 191) hanno appena finito di votare, uno per uno, i 62
punti della Relazione finale, un voto elettronico segreto che
prevedeva solo due possibilità, «placet» o «non placet».
E
qui succede una cosa particolare: tre paragrafi, i due che parlano di
divorziati e risposati e quello sugli omosessuali, ottengono la
maggioranza assoluta (104, 112 e 118 sì su 183), ma non quella
qualificata dei due terzi che al Sinodo sarebbe necessaria per
l’approvazione. Tutte le altre superano i due terzi, compreso il
punto (125 sì, 54 no) che invita a considerare gli «elementi
positivi» nei matrimoni civili e nelle convivenze.
Eppure
divorziati e gay, le questioni più delicate e simboliche di queste
due settimane, restano nel testo pubblicato, considerato che questo
Sinodo rappresenta «un work in progress » verso il Sinodo ordinario
che si riunirà fra un anno e che la Relazione «non è un testo
magisteriale, ma un documento che diventa un’ulteriore base di
discussione», spiega padre Federico Lombardi.
Lo dice lo stesso
Francesco, ai vescovi: «La Relatio Synodi è il riassunto fedele e
chiaro di tutto ciò che è stato discusso e viene presentato alle
Conferenze episcopali come Lineamenta », e cioè come il testo che
sarà approfondito in tutte le chiese del mondo per un anno.
Alla
fine, standing ovation di cinque minuti per le parole del Papa, che
tuttavia mette in guardia i vescovi da cinque «tentazioni» opposte:
«L’irrigidimento ostile» dei «tradizionalisti» e
«intellettualisti»; il «buonismo distruttivo» dei «progressisti
o liberalisti»; il voler «trasformare il pane in pietra» e
«scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati»; la tentazione
di «scendere dalla Croce» per «piegarsi allo spirito mondano»; e
infine di «considerarsi non custodi, ma proprietari e padroni»
della fede, e così «trascurare la realtà».
Chiede
equilibrio, Francesco. E del resto non c’è simmetria con il voto
del mattino sul «messaggio finale» letto dal cardinale Ravasi. Un
testo che parla dell’Eucaristia come del momento in cui «la
famiglia si siede alla mensa del Signore con tutta la Chiesa» e
aggiunge: «Per questo, nella prima tappa, abbiamo riflettuto
sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei
divorziati risposati». Ed è passato con 158 voti su 174: «Cristo
ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta
nell’accoglienza, senza escludere nessuno».
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