Un grande paese rompe il tabù del 3 per cento puntando a diluirne nel tempo la rigidità
La Francia si ribella alle regole strette dell’Unione
europea, non alla chetichella ma sfidando l’Europa: noi sfondiamo i
parametri, vi rientreremo avendo più tempo a disposizione e facendo le
riforme necessarie.
Non c’è dubbio che siamo dinanzi a una svolta. Un grande paese rompe
il tabù del 3 per cento puntando a diluirne nel tempo la rigidità ben
sapendo che la Germania e i suoi alleati del Nord Europa faranno
(inizialmente) fuoco e fiamme. Ma la Francia è la Francia e anche nella
condizione di grande malata d’Europa è capace di drizzare la schiena –
ed è chiaro che in questo contesto si rimescola il sangue antico della grandeur e di quel particolare tratto nazionalistico tipico di Parigi.
Certo qui non parlano Napoleone e nemmeno De Gaulle. All’Eliseo siede
quel Françoise Hollande che ogni giorno si lecca qualche nuova ferita,
personale o politica. È un uomo che cerca di uscire dall’angolo in cui
la storia pare voglia cacciarlo ma che difetta platealmente di forza.
Invece a pochi metri dall’Eliseo, a Matignon, siede da qualche mese
un giovane dinamico, uno dei volti nuovi del socialismo europeo, quel
Manuel Valls che molti paragonano a Matteo Renzi.
I due in effetti stanno facendo lo stesso discorso: a causa dell’aggravarsi della crisi economica serve più tempo per rispettare i patti. E soprattutto ci vuole tempo per fare le riforme strutturali. È l’impegno di Valls, che guida il governo di un paese più appesantito del nostro sotto il profilo del deficit, tra l’altro in un contesto politicamente più fragile di quello italiano, con Marine Le Pen che entra per la prima volta in senato e che si è piazzata saldamente in fila per la corsa all’Eliseo.
I due in effetti stanno facendo lo stesso discorso: a causa dell’aggravarsi della crisi economica serve più tempo per rispettare i patti. E soprattutto ci vuole tempo per fare le riforme strutturali. È l’impegno di Valls, che guida il governo di un paese più appesantito del nostro sotto il profilo del deficit, tra l’altro in un contesto politicamente più fragile di quello italiano, con Marine Le Pen che entra per la prima volta in senato e che si è piazzata saldamente in fila per la corsa all’Eliseo.
Lo spauracchio della leader del Front National non può non turbare
anche la Germania. La Merkel dunque è in un certo senso costretta ad
accettare le scelte di Valls e Hollande se vuole evitare guai peggiori.
Perché è chiaro che se fallisce la Francia fallisce l’Europa.
Per questo la famosa flessibilità reclamata anche da Renzi (che
comunque malgrado tutto non ha bisogno di infrangere il 3%) da ieri non è
più solo una richiesta, ma una iniziativa politica. Da Parigi hanno
cambiato verso.
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