giovedì 2 ottobre 2014

Parigi cambia verso

Mario Lavia 
Europa  

Un grande paese rompe il tabù del 3 per cento puntando a diluirne nel tempo la rigidità
La Francia si ribella alle regole strette dell’Unione europea, non alla chetichella ma sfidando l’Europa: noi sfondiamo i parametri, vi rientreremo avendo più tempo a disposizione e facendo le riforme necessarie.
Non c’è dubbio che siamo dinanzi a una svolta. Un grande paese rompe il tabù del 3 per cento puntando a diluirne nel tempo la rigidità ben sapendo che la Germania e i suoi alleati del Nord Europa faranno (inizialmente) fuoco e fiamme. Ma la Francia è la Francia e anche nella condizione di grande malata d’Europa è capace di drizzare la schiena – ed è chiaro che in questo contesto si rimescola il sangue antico della grandeur e di quel particolare tratto nazionalistico tipico di Parigi.
Certo qui non parlano Napoleone e nemmeno De Gaulle. All’Eliseo siede quel Françoise Hollande che ogni giorno si lecca qualche nuova ferita, personale o politica. È un uomo che cerca di uscire dall’angolo in cui la storia pare voglia cacciarlo ma che difetta platealmente di forza.
Invece a pochi metri dall’Eliseo, a Matignon, siede da qualche mese un giovane dinamico, uno dei volti nuovi del socialismo europeo, quel Manuel Valls che molti paragonano a Matteo Renzi.
I due in effetti stanno facendo lo stesso discorso: a causa dell’aggravarsi della crisi economica serve più tempo per rispettare i patti. E soprattutto ci vuole tempo per fare le riforme strutturali. È l’impegno di Valls, che guida il governo di un paese più appesantito del nostro sotto il profilo del deficit, tra l’altro in un contesto politicamente più fragile di quello italiano, con Marine Le Pen che entra per la prima volta in senato e che si è piazzata saldamente in fila per la corsa all’Eliseo.
Lo spauracchio della leader del Front National non può non turbare anche la Germania. La Merkel dunque è in un certo senso costretta ad accettare le scelte di Valls e Hollande se vuole evitare guai peggiori. Perché è chiaro che se fallisce la Francia fallisce l’Europa.
Per questo la famosa flessibilità reclamata anche da Renzi (che comunque malgrado tutto non ha bisogno di infrangere il 3%) da ieri non è più solo una richiesta, ma una iniziativa politica. Da Parigi hanno cambiato verso.

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