La lettera ai prefetti sulle registrazioni dei matrimoni fra gay
non è un gesto burocratico ma politico. Renzi fa bene a non farsi
coinvolgere da campagne contrapposte, però questa posizione deve valere
per tutto il governo.
Nel suo secondo discorso programmatico, quello dei
Mille giorni pronunciato il 16 settembre, Matteo Renzi ha dato un
generico appuntamento per la partita sui diritti civili entro la
scadenza appunto del 2017. Affrontate le emergenze su economia, lavoro,
legge elettorale e bicameralismo, nell’agenda del governo ci saranno
anche le unioni civili secondo il famoso “modello tedesco” e le altre
materie diversamente sensibili.
È nel diritto del governo darsi delle priorità. Fa parte della
concezione renziana dell’autonomia della politica di non farsi
eterodirigere né condizionare da campagne organizzate, movimenti,
associazioni, gruppi di pressione. Se dunque il presidente del consiglio
valuta
che la disciplina delle unioni fra persone dello stesso sesso non sia
un’emergenza assoluta, tale da dover scavalcarne altre, con l’aggravante
dal suo punto di vista di essere un argomento particolarmente divisivo
all’interno della sua maggioranza, è giusto che si limiti a esprimere un
orientamento e una preferenza generici, senza avviare per ora
iniziative di legge.
Quasi tutto ciò che avviene intorno ai cosiddetti temi eticamente
sensibili è originato da campagne d’opinione di parte. Pienamente
legittime, doverose in una democrazia matura. Ciò non di meno agite da
minoranze attive, di fronte a un’opinione pubblica generalmente
preoccupata d’altro. Con metodi civili il più delle volte, inaccettabili
quando – come capita in questi giorni – si cerca di impedire
l’espressione pubblica di un pensiero, fosse pure urticante come quello
delle autonominatesi “sentinelle”.
Dette tutte queste cose, se Renzi ha deciso che il governo prenderà
posizione e iniziativa sulle unioni civili più avanti, questa decisione
deve valere per tutti. Non è che Renzi tace, e invece il ministro degli
interni può dare l’idea di muoversi e parlare a nome dell’intero
governo.
Non è vero che la circolare ministeriale con la quale si invitano i
prefetti a invalidare le registrazioni decise da alcuni sindaci per i
matrimoni omosessuali stipulati all’estero sia un atto neutrale e
“d’ufficio”. Se è vero che quegli atti sono destinati, con la legge
italiana attuale, a non produrre alcun effetto giuridico, l’ordine di
cancellarli appare superfluo, dunque motivato solo politicamente e
ideologicamente. Come del resto conferma Maurizio Sacconi quando
attribuisce ad Alfano, per il solo aver apposto quella firma
“burocratica”, l’etichetta di «leader orgogliosamente conservatore dei
principi della tradizione».
Questo non va bene, Renzi non potrebbe accettarlo neanche se il suo
partito non si fosse nel frattempo ribellato. Come già sulla giustizia e
sul Jobs Act, i vincoli di maggioranza valgono per tutti e i rapporti
di forza indicano chiaramente chi, nella maggioranza, ha titolo per
esprimere la posizione prevalente. Qualsiasi problema il Ncd abbia con i
fratelli coltelli di Forza Italia, sarà meglio far loro capire chi tira
la carretta nel governo Renzi.
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