La manovra non sarà perfetta ma è la prima vera operazione di
sfondamento tentata contro la disoccupazione. Insostenibile la posizione
di chi dice no a prescindere.
È giusto avere la massima prudenza e tenere la distanza
critica, nel valutare la prima legge di stabilità del governo Renzi.
Come sarà giusto seguire con attenzione la distinta dei tagli della
spesa pubblica, dove si è subito aperto il duro e prevedibile
contenzioso con le Regioni. Ancora: la partita con Bruxelles non sarà
facile, soprattutto considerando che il ricalcolo del Pil italiano
potrebbe causare un sia pur minimo sforamento del mitologico tetto del 3
per cento. Ed è infine sacrosanto segnalare fin d’ora le aporie più
evidenti della manovra, in particolare la prudenza nelle dismissioni di
patrimonio pubblico, per quanto essa appaia motivata con la sfavorevole
situazione del mercato.
Tutto molto corretto. Non c’è ragione di concedere a Renzi e Padoan
una promozione troppo facile. Per favore, però, evitiamo di esagerare
all’opposto. E invece su Stabilità 2014 si sono abbattute alcune
stroncature che suonano pregiudizio, figlie di una opposizione “a
prescindere”. La speranza è che tale atteggiamento non contagi anche
qualcuno nel Pd, dopo la bocciatura inappellabile decisa da Susanna
Camusso molti giorni prima del varo della manovra.
Per anni il dibattito è stato segnato da due grandi recriminazioni,
trasversali agli schieramenti: sull’abnorme pressione fiscale e
sull’assurdo costo del lavoro. Su questi due macigni l’intervento deciso
dal governo è senza precedenti, almeno per entità in attesa di
apprezzarne gli effetti. Tutti i predecessori di Renzi si sono
affacciati sul problema, per poi limitarsi a misure parziali stretti
com’erano dai vincoli di finanza pubblica.
Ora c’è qualcuno che, pressato dal 13 per cento di disoccupazione,
tenta un’operazione di sfondamento. Non può creare posti di lavoro, a
meno di sognare ondate di assunzioni nello Stato. Più realisticamente,
tenta politiche anticicliche per generare fiducia e incoraggiare
investimenti.
Il punto è che l’unica forza sulla quale Renzi può contare è un ampio
consenso sociale e politico in patria, da poter spendere in Europa.
Questo non significa che il governo vada appoggiato per forza,
figurarsi. Né che si debbano tacere le critiche o soffocare i dubbi, per
esempio sui tagli alla sanità. Chiamparino e Fassino saranno
interlocutori seri e severi del governo: non sarà contro di loro, bensì
contro i no pregiudiziali, che Renzi scaglierà l’accusa della
conservazione che non vuole prendersi responsabilità.
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