Corriere della Sera 14/10/14
corriere.it
Il 17 giugno del 1983, quando venne
arrestato su richiesta dei pm di Napoli con accuse pesantissime poi
liquefatte come neve al sole, Enzo Tortora non immaginava nemmeno
cosa fosse l’inferno del carcere preventivo: «La stregonesca e
medioevale iniquità del rito giustizia in ferie come una rivendita
di gelati — scriveva ad un amico il presentatore tv nel torrido
agosto di quell’estate — mentre la spazzatura umana è lasciata
fermentare nei bidoni di ferro delle carceri... Sventurati non
interrogati e, come me, innocenti... Fate qualcosa, vi
prego...».
Quella lettera, scritta su un foglio a righe color
paglierino, oggi campeggia nell’ufficio del vice ministro della
Giustizia, Enrico Costa (Ncd), che la conserva incorniciata perché
Tortora la spedì a suo padre, Raffaele Costa, sottosegretario e
ministro negli anni 80. Da quel pezzo di carta, per il giovane vice
ministro, è nata la curiosità di capire con le cifre cosa sia
successo in questi 30 anni: il caso Tortora, conclusosi con
un’assoluzione piena, generò, un anno prima della morte del
presentatore, il referendum sulla responsabilità civile dei
magistrati (1987), il nuovo codice di procedura penale (1988) che
introdusse la riparazione per ingiusta detenzione e la legge Carotti
(1999) che ha portato da 100 milioni a 516 mila euro il tetto del
risarcimento.
Negli ultimi 20 anni, i fascicoli R.I.D.
(Riparazione per ingiusta detenzione) liquidati dal ministero
dell’Economia sono 22.689 per un totale di 567 milioni 744 mila 479
euro e 12 centesimi. I risarcimenti (le richieste fino ad oggi sono
state 32.998) sono andati a chi è stato sottoposto a custodia
cautelare e poi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile. Ma i
soldi sono andati anche a chi ha subito una ingiustizia formale a
causa dell’applicazione illegittima della custodia in carcere a
prescindere dalla successiva sentenza di assoluzione.
Nella
geografia delle procure e degli uffici Gip che sono costati di più
in termini di risarcimenti spicca la piccola Catanzaro: nei primi sei
mesi del 2014 ha prodotto 65 fascicoli R.I.D. liquidati per 2 milioni
303 mila 163 euro. La cifra media dei risarcimenti è di 6-700 euro
al giorno. Per cui a Palermo (i reati di mafia prevedono una custodia
cautelare più lunga e, dunque, risarcimenti più pesanti), i 35 casi
di ingiusta detenzione hanno inciso solo quest’anno per 2 milioni
790 mila 476 euro. Mentre a Napoli, sempre nel 2014, i risarciti sono
stati 48 per un totale di oltre un milione e 200 mila euro.
Virtuose,anche perché piccole, le corti d’Appello di Perugia (2
casi, circa 12 mila euro) e di Trento (1 caso, circa 27 mila
euro).
Si tratta, spiega Costa, «di cifre importanti ma fredde:
sono numeri che non raccontano le storie umane e i drammi di chi ha
dovuto conoscere il carcere a causa dell’errore, o quanto meno
della superficialità, di un pm o di un gip». Oggi i magistrati del
caso Tortora — gli ex pm Lucio Di Pietro e Felice Di Persia, l’ex
giudice istruttore Giorgio Fontana — non sono degli sconosciuti «ma
tutti gli altri magistrati che fine hanno fatto?», è la domanda
provocatoria di Costa: «Proporrò che venga avviata una commissione
ministeriale per monitorare gli errori e le leggerezze che sono
all’origine dei risarcimenti». È certo che questa proposta, nei
giorni in cui alla Camera sono calendarizzate le regole più
stingenti sulla custodia cautelare e al Senato si affronta la
responsabilità civile dei magistrati, rischia di aprire più di
qualche crepa tra Ncd e Pd.
Nessun commento:
Posta un commento