Il premier in tour negli stabilimenti industriali, quelli colpiti
dalla crisi e quelli che resistono. A loro anticipa le cifre della legge
di stabilità, ben 18 miliardi di tagli di tasse. È la
missione-ottimismo che a palazzo Chigi ritengono necessaria per far
ripartire l'occupazione.
Dalle tartine confindustriali Matteo Renzi si tiene
lontano, ma ormai è chiaro chi siano i veri referenti dello sforzo
comunicativo nel quale impegna se stesso in persona. Da settimane il
premier batte gli stabilimenti industriali, quelli afflitti dalla crisi e
quelli salvati da oculate scelte di nicchia, quelli enormi come la Fiat
Chrysler e quelli più piccoli in Puglia o nel Bergamasco.
Dopo la prova di forza sull’articolo 18, le contestazioni dirette
organizzate dalla Fiom hanno preso il posto delle proteste legate a
situazioni locali. Ma Renzi non si fa dissuadere, la campagna continua e
agli operai si rivolge in maniera indiretta, attraverso i loro datori
di lavoro: sono loro, gli imprenditori piccoli, medi e grandi, il target
del tour renziano. E del resto sono loro, messa in sicurezza
l’operazione 80 euro, i destinatari delle misure della legge di
stabilità e del decreto sblocca-Italia. E, di nuovo, sono loro – con
artigiani, commercianti, professionisti – il bacino elettorale fin qui
irraggiungibile per la sinistra nel quale il Pd sta crescendo negli
ultimi mesi secondo le ricerche più aggiornate.
Le anticipazioni sulla legge di stabilità fornite ieri a Bergamo faranno discutere per tre motivi.
Perché le cifre sono ingenti, 30 miliardi di euro di manovra ma con
ben 18 miliardi di tagli di tasse rispetto allo scorso anno: dove
saranno reperite le risorse? Poi perché il testo è in realtà lontano
dall’essere completato, ancora oggetto del consueto andirivieni tra
palazzo Chigi e ministero dell’economia.
Infine, perché le indicazioni di Renzi appaiono decisamente pro-business,
orientate a soddisfare antiche e recenti richieste delle imprese
(innanzi tutto sul taglio dell’Irap per la parte legata al lavoro) in
cambio dello sblocco delle assunzioni, con l’obiettivo di muovere un
mercato molto più fermo di quanto il governo sperasse ancora agli inizi
dell’estate. Tre anni di totale decontribuzione per le assunzioni a
tempo indeterminato causeranno uno stress alle casse previdenziali: è lo
shock che Renzi ritiene necessario, misure più blande non hanno sortito
effetti.
Il menu delle misure è condito dalle spezie anti-establishment e
anti-burocrazia: imprenditori veri quelli che danno il buon esempio, non
quelli che partecipano ai seminari; le opere di manutenzione del
territorio che danno più lavoro agli avvocati che ai manovali (come a
Genova). È il preannuncio di nuovi tormentoni utili a far passare il
messaggio. Il Jobs Act pare già alle spalle, come cosa fatta.
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