Corriere della Sera 29/10/14
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Professor Guarino, che cosa è davvero
cambiato con lo scambio di lettere tra Italia e Unione
Europea?
«Renzi, in parte in modo del tutto inconsapevole, ha
centrato obiettivi davvero straordinari».
Quali ad
esempio?
«Sono parecchi. Mi fermerò solo sui più semplici. Il
primo gennaio 1999, data in cui avrebbe dovuto essere immesso sul
mercato l’euro come previsto dal Trattato di Maastricht, è stata
lanciata, con lo stesso nome, una moneta soggetta a una disciplina di
segno opposto. Con il regolamento 1466/97, atto che non avrebbe avuto
alcuna capacità di modificare un Trattato, la Commissione ha imposto
agli Stati membri l’obiettivo del pareggio del bilancio al posto di
quello della “crescita sostenibile” . Agli Stati il cui bilancio
già registrasse un passivo si è prescritto, senza che gli Stati
potessero sottrarvisi, di realizzare il pareggio a medio termine
seguendo un percorso che la stessa Commissione avrebbe assegnato
separatamente a ciascuno Stato. Il pareggio imposto a Stati in
disavanzo equivale di fatto a una capacità di indebitamento pari
allo 0%. Renzi ha ottenuto che, ai fini della valutazione della
posizione di bilancio italiano, si assumesse come valore di
riferimento non lo 0%, ma il 3% indicato nel protocollo numero 5 del
TUE (Maastricht). Implicitamente, ma inequivocabilmente, la
Commissione ha riconosciuto che la norma in vigore non è quella del
regolamento, ma quella dei Trattati. L’imposizione del rigore a
partire dal gennaio 1999 ha costituito un atto illegale. Di
conseguenza l’Unione ne deve rispondere, e per essa i presidenti
della Commissione a partire dal gennaio 1999 in poi. Barroso è il
principale responsabile avendo presieduto la Commissione per due
mandati consecutivi. In punto di fatto Renzi ha rottamato i
regolamenti e il cosiddetto Fiscal compact».
In qualche modo si
riapre il capitolo della flessibilità...
« Il 3% non è un limite
all’indebitamento, ma un semplice “valore di riferimento”. Il
modo in cui tale valore va applicato è fissato negli articoli
citati. Il 3%, come dispongono queste norme, può essere lecitamente
superato in presenza di una forza maggiore cui lo Stato non sarebbe
stato in grado di sottrarsi. È difficile ipotizzarsi un caso di
forza maggiore più grave di quello che si è verificato a partire
dal ‘99, quando è stata la stessa Commissione a imporre un vincolo
dello 0%, che avrebbe costretto gli Stati non a crescita, ma a
deperire. Al punto che oggi, dopo 15 anni, invece di crescere si
ritrovano ridotti a condizioni che corrispondono più o meno a quelle
di venti, trenta anni prima».
Adesso cosa bisognerebbe
fare?
«Si deve stare sul chi va là. Tutte le burocrazie non
cedono facilmente i poteri di cui si sono impossessate.
L’osservazione vale in particolare per la burocrazia europea, la
più costosa e che opera in assenza di un vero governo europeo. Non
mancherà di cogliere qualsiasi occasione per ribaltare di nuovo la
situazione a suo vantaggio. Se ne ha già una prova. Nel presentare
la posizione assunta dalla Commissione nei confronti dell’Italia si
afferma che l’approvazione della legge di bilancio è condizionata
alla emanazione e alla applicazione sollecita ed effettiva di norme
aventi a oggetto riforme “strutturali”. Il termine “strutture”
è estraneo ai Trattati. In caso si accertasse l’esistenza di un
disavanzo eccessivo, si potrebbe come massimo infliggere una sanzione
pecuniaria di entità adeguata. L’ipotesi non si è mai verificata.
La Francia, che versa attualmente in condizioni di maggiore
precarietà, della eventualità di una sanzione sembra non
preoccuparsi affatto».
Anche lei un renziano dell’ultima
ora?
«Chiunque offra una chiave per uscire dalla gabbia europea,
va apprezzato e aiutato. Solo quando saremo ritornati tutti all’aria
aperta, potremo riallacciarci a vecchi valori e confrontarci con i
principi che hanno accompagnato l’Europa nel suo lungo e storico
glorioso passato. La Rottamazione del principio della parità del
bilancio provocata da Renzi offre una occasione unica. Se non venisse
colta, è improbabile che si ripresenti».
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