Corriere della Sera 19/10/14
Marco Cremonesi
Milano Piazza del Duomo trabocca di
persone e bandiere, il colpo d’occhio è impressionante. Matteo
Salvini, il segretario della Lega, ha vinto la sua scommessa: quella
di ieri pomeriggio a Milano è probabilmente la manifestazione del
Carroccio più grande di sempre. «Non siamo 100.000, siamo 101.000
contro i gufi!» assicura il leader dal palco (40.000 secondo fonti
della polizia).
Ma la data è da registrare anche per un altro
motivo: la Lega «padana» è finita. È il momento, pare, della Lega
italiana. È lo stesso Salvini a declinare in modo «nazionale» la
giornata di protesta contro l’immigrazione clandestina: «Pensiamo
prima agli italiani». Gli italiani, tutti: quelli «che hanno il
problema di un fisco che rapina, quelli le cui tasse servono a pagare
l’operazione Mare nostrum, schiavista e razzista». Per Roberto
Maroni, «Mare monstrum». La svolta lepenista, annunciata al
congresso che ha eletto Salvini segretario, è ormai davvero
completata. E dispone anche di un’immagine simbolo: i militanti di
Casapound e di altre sigle della «destra di popolo» che marciano
nel cuore del corteo leghista. Le loro bandiere sono quelle
dell’Europa coperte da una vistosa croce rossa a simboleggiarne la
cancellazione. Giusto per sottolineare la continuità politica e
ideale, Salvini annuncia anche che martedì, con Marine Le Pen,
chiederà ufficialmente «la sospensione del trattato di Schengen e
la ripresa dei controlli alle frontiere».
Il no
all’immigrazione diventa quindi un no all’invasione e alla
violazione dei confini. Chi lo dice con la maggior lucidità è Mario
Borghezio, di nuovo alla ribalta sopra un grande palco leghista dopo
anni in cui la sua presenza era stata giudicata imbarazzante.
L’europarlamentare va diritto al punto: «Voglio ringraziare quei
siciliani e quei calabresi che cento anni fa, durante la Prima guerra
mondiale, vennero al Nord per difendere i nostri confini. Quelli
erano patrioti». Borghezio si ferma un istante: «Mi hanno chiesto
di non insultare, ma questo è un giudizio politico: se chi ha difeso
i confini della patria è un patriota, chi non li difende quando
dovrebbe farlo è un traditore. E allora, diciamolo: Renzi e Alfano
sono dei traditori».
Eppure dal palco tutti, ma proprio tutti,
parlano di italiani. Lo fa il candidato alle regionali
dell’Emilia-Romagna Alan Fabbri, lo fanno i governatori Roberto
Maroni e Luca Zaia. L’eccezione è una sola: Umberto Bossi. Salvini
scatena l’ovazione presentandolo come «colui che ha permesso che
accadesse tutto questo». Lui, però, torna all’antico: «Si porrà
il problema della libertà del Nord. E per quella arriverà in piazza
mezzo milione di persone». Ma l’applauso è poco più di un atto
di cortesia. Il Senatùr parla anche dei procedimenti sui rimborsi
elettorali che si stanno per celebrare: «Ci processano ma non
scappiamo»
Il no ai clandestini, riprende Salvini, non è un no
all’immigrazione. E prova a dimostrarlo portando sul palco (saranno
subissati di applausi) il neo responsabile dell’immigrazione della
Lega, Toni Iwobi, nigeriano, e la marocchina Souad Sbai, già
deputata pdl. E Iwobi fa venire giù la piazza quando dice che «in
Italia ci sono tantissime persone che sono leghiste e ancora non lo
sanno». Perché sono determinate a fermare «chi vuole distruggere
la nostra civiltà». Nostra italiana, non nostra padana. E
«nazionale» è anche un altro ospite voluto sul palco da Salvini.
Il segretario del sindacato di Polizia Sap, Gianni Tonelli, assai
efficace nel raccontare che «le mafie brindano, dato che le questure
sono bloccate dal contrasto agli sbarchi».
La manifestazione,
preceduta da un lungo corteo da Porta Venezia, è tranquilla. Salvini
si ferma in piazza della Scala, davanti al Comune «per dire a
Giuliano Pisapia: no ad altre moschee». Una contro manifestazione
dei centri sociali deve essere fermata tra piazza Santo Stefano e
piazza Duomo. Qualche istante di tensione, poi tutto torna nei
ranghi. Altro momento di nervosismo, mentre sta parlando Iwobi. Parte
una salva di fischi. Ma era per l’affissione di uno striscione:
«Milano ha sempre accolto tutti, anche i leghisti».
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