venerdì 3 ottobre 2014

Lampedusa un anno dopo. Giornata dell’accoglienza in memoria della strage

Valentina Longo 
Europa  

Furono 368 le vittime del naufragio. Oggi sull'isola i sopravvissuti e i parenti delle vittime che ancora non sanno dove sono stati sepolti i propri cari. L’abbraccio del papa ai superstiti
Lampedusa il 3 ottobre di un anno fa era un mare pieno di morti. Trecentosessantotto ne avrebbero sommati sull’Isola dei conigli, corpi di donne, bambini e uomini ignari e spaventati, stipati in quel disastrato barcone che non li contenne, su cui erano stati imbarcati a centinaia di chilometri di là dal Mediterraneo. Fu una «strage di innocenti», per il capo dello stato Giorgio Napolitano.
Quelle sono solo alcune delle decine di migliaia che ogni anno tentano l’impresa: da gennaio a oggi per l’Europa sono già partiti in 130mila e tremila di loro sono morti, spiega l’Unhcr.
Oggi è una giornata simbolo anche per queste vittime, è la giornata di quelli che in un anno sono diventati testimoni di vite che non ci sono più, pezzi del racconto di altri, superstiti. Sono figli, mariti, mogli, genitori di anime annegate in circostanze orribili in una notte nell’acqua gelida, di corpi gettati sulla costa siciliana e sepolti in bare senza nome.
Lampedusa un anno dopo è un luogo dei ricordi e un’occasione per non dimenticare, per gridare “mai più”. Sono i 368 drappi bianchi che alle 11 di questa mattina sventoleranno in un flashmob che si trasformerà in un video-racconto, una cartolina per l’Ue che deve darsi da fare: è a Bruxelles che si chiedono canali umanitari e l’istituzione ufficiale di una “Giornata dell’accoglienza”.
Lo fanno – non da ora – le organizzazioni non governative, le istituzioni religiose, i volontari sul campo e nei Cie, le donne e gli uomini che lì stanno.
Lampedusa oggi sono quelle 368 lanterne che i sopravvissuti  – mercoledì sessanta di loro sono stati ricevuti da papa Francesco – accenderanno in piazza alle sette di stasera. Sarà questo il momento con cui si chiuderà la giornata delle tante manifestazioni che i comuni di Linosa e Lampedusa per primi hanno voluto e appoggiato insieme all’Arci e al Comitato spontaneo 3 ottobre, che vuole “proteggere le persone, non i confini” e che per simbolo ha una bottiglia galleggiante, nella sua pancia tre figure, tutte con lo sguardo rivolto verso il suo collo stretto.
Molte sono le occasioni per ricordare: dalla serata speciale di Raitre al Tg2 in diretta dall’isola alla diretta che dal Festival di Internazionale a Ferrara ha organizzato con Medici senza frontiere. Le ong unite, da Terre des Hommes a Oxfam a Msf chiedono di cambiare la prospettiva dell’emergenza, che si predispongano percorsi sicuri e legali per chi cerca salvezza in Europa attraverso il reinsediamento, programmi di ammissione umanitaria e l’agevolazione dei ricongiungimenti familiari.
Scriveva Save the Chidren a giugno in un rapporto, che l’età media dei minori che hanno cercato di arrivare in Italia da gennaio a giugno è cinque anni e che per la gran parte di questi bambini partono soli, in fuga soprattutto dalla Siria e dalla Libia. Sono i bambini a ingrossare il numero dei migranti che si infilano in quei barconi, che promettono fortuna e portano morte invece di futuro. Lo sappiamo, non dimentichiamolo.

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