Riccardo
Imberti
Una
cosa mi pare di poter dire di queste giornate: non c'è da annoiarsi.
Il
governo sta lavorando sulla riforma del lavoro e, Matteo Renzi, dopo
il via libera dell'80% della direzione nazionale del PD, sta
procedendo a tappe forzate per introdurre normative che oltre a
superare le rigidità del passato introducano nuove regole di
garanzia per i lavoratori e soprattutto mettano gli imprenditori
italiani nella condizione di assumere e ai capitali stranieri, di
tornare ad investire in Italia.
Il
Premier dice che è questione di giorni, ma mi pare che qualche ora
in più non guasterebbe, il tema dei diritti è delicato, riguarda
tante persone e in particolare tanti giovani e deluderli sarebbe un
fatto grave.
Le
criticità sono molte e riguardano soprattutto la questione del
reintegro di coloro che vengono licenziati non per giusta causa
(Art.18). Un'evoluzione nel testo da presentare sembra che vi sarà,
ma questo sta creando malumori nelle altre forze politiche. Insomma,
si tratta di un braccio di ferro: da un lato la necessità di
aggiustare alcune questioni specifiche, dall'altro la difficoltà nel
mettere d'accordo tutte le forze politiche. Non ultima la possibilità
di procedere attraverso la fiducia o addirittura attraverso un
decreto legge.
La
riforma del Lavoro voluta da Renzi si fonda su un nuovo patto tra le
esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori, convinto che la vera
tutela del lavoratore è nel mercato del lavoro che oggi si presenta
diverso rispetto al passato e la mobilità lavorativa richiede un
nuovo sistema di ammortizzatori. Chi perde il posto di lavoro
ha diritto a un indennizzo, a un ammortizzatore sociale, a un
reddito, condizionato da un processo di ricollocazione fondato sulla
formazione. La discussione sull'art. 18 è delicata perché si può
essere licenziati perché si fa qualcosa di illecito o non si fa il
proprio dovere sul posto di lavoro. In questo caso viene toccata
l'onorabilità lavorativa e per questo si deve andare davanti al
giudice
La
reazione del sindacato e in particolare della CGIL è durissima e
minaccia lo sciopero generale, anche da sola; gli imprenditori,
ancora una volta non danno segnali incoraggianti, tutti sono in
difficoltà ad uscire dalle loro consuetudini e tutti indisponibili a
ragionare sulla drammatica situazione di un Paese che non dà segnali
di ripresa ne occupazionale ne economica.
Io
credo che questi atteggiamenti rappresentino essi stessi un grave
problema perchè la crisi si dimostra pesante, oltre ogni previsione
e il Paese da un lato ha bisogno di una scossa capace di riavviare
l'economia e con essa l'occupazione, ma dall'altro una forte coesione
dei soggetti economici, sociali e politici.
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