giovedì 2 ottobre 2014

LA SFIDA

Riccardo Imberti
Una cosa mi pare di poter dire di queste giornate: non c'è da annoiarsi.
Il governo sta lavorando sulla riforma del lavoro e, Matteo Renzi, dopo il via libera dell'80% della direzione nazionale del PD, sta procedendo a tappe forzate per introdurre normative che oltre a superare le rigidità del passato introducano nuove regole di garanzia per i lavoratori e soprattutto mettano gli imprenditori italiani nella condizione di assumere e ai capitali stranieri, di tornare ad investire in Italia. Il Premier dice che è questione di giorni, ma mi pare che qualche ora in più non guasterebbe, il tema dei diritti è delicato, riguarda tante persone e in particolare tanti giovani e deluderli sarebbe un fatto grave.   
Le criticità sono molte e riguardano soprattutto la questione del reintegro di coloro che vengono licenziati non per giusta causa (Art.18). Un'evoluzione nel testo da presentare sembra che vi sarà, ma questo sta creando malumori nelle altre forze politiche. Insomma, si tratta di un braccio di ferro: da un lato la necessità di aggiustare alcune questioni specifiche, dall'altro la difficoltà nel mettere d'accordo tutte le forze politiche. Non ultima la possibilità di procedere attraverso la fiducia o addirittura attraverso un decreto legge.  
La riforma del Lavoro voluta da Renzi si fonda su un nuovo patto tra le esigenze delle imprese e quelle dei lavoratori, convinto che la vera tutela del lavoratore è nel mercato del lavoro che oggi si presenta diverso rispetto al passato e la mobilità lavorativa richiede un nuovo sistema di ammortizzatori.  Chi perde il posto di lavoro ha diritto a un indennizzo, a un ammortizzatore sociale, a un reddito, condizionato da un processo di ricollocazione fondato sulla formazione. La discussione sull'art. 18 è delicata perché si può essere licenziati perché si fa qualcosa di illecito o non si fa il proprio dovere sul posto di lavoro. In questo caso viene toccata l'onorabilità lavorativa e per questo si deve andare davanti al giudice
La reazione del sindacato e in particolare della CGIL è durissima e minaccia lo sciopero generale, anche da sola; gli imprenditori, ancora una volta non danno segnali incoraggianti, tutti sono in difficoltà ad uscire dalle loro consuetudini e tutti indisponibili a ragionare sulla drammatica situazione di un Paese che non dà segnali di ripresa ne occupazionale ne economica. 
Io credo che questi atteggiamenti rappresentino essi stessi un grave problema perchè la crisi si dimostra pesante, oltre ogni previsione e il Paese da un lato ha bisogno di una scossa capace di riavviare l'economia e con essa l'occupazione, ma dall'altro una forte coesione dei soggetti economici, sociali e politici.

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